Una nuova stagione è ormai iniziata, i ritiri sono partiti e Fabio Aru lavora duramente per fare del 2020 il suo anno del riscatto.
Dopo un 2019 da dimenticare, il corridore sardo punta ad alzare l’asticella, mettendo nel mirino il Tour de France. Impegnato con l’UAE nel ritiro di Benidorm in Spagna, il ‘Cavaliere dei Quattro Mori’ ha rivelato le proprie sensazioni ai microfoni della Gazzetta dello Sport: “sto ripartendo, la condizione non può essere buona, ma le sensazioni sono belle perché sto tornando alla normalità. A essere un ciclista a tempo pieno. Non ho perso la voglia di sbattermi, di fare questo ‘lavoro’ al meglio“.
Aru ha poi svelato il suo programma di lavoro, che proseguirà in Colombia ad inizio gennaio: “per la prima volta lavorerò lì in altura, una quindicina di giorni prima della corsa locale che sarà pure il mio debutto stagionale. Sarò bello scoprire un Paese che nelle ultime stagioni ha sfornato tanti campioni. Tornerò poi alla Tirreno-Adriatico, di cui ho visto il percorso nel dettaglio. Ci tengo a correre in Italia, nel 2019 l’ho fatto solo al Tricolore“.
L’obiettivo principale sarà il Tour: “il debutto alla Liegi-Bastogne-Liegi, il Romandia, uno ‘stacco’, allenamenti in altura, Delfinato e Tricolore prima del Tour de France. Le responsabilità ce le ho da anni. Non mi spaventano. E anzi, ringrazio la squadra che mi supporta e crede nelle mie possibilità. Pogacar? E’ un talento. Il fatto che sia arrivato terzo alla Vuelta al debutto in un grande giro parla da solo. Ha 21 anni e penso sia pronto per fare bene. Io vedo una squadra a due punte“.
Nei pensieri di Aru c’è posto anche per l’Olimpiade: “per Tokyo ci potevano essere percorsi di avvicinamento un po’ più calibrati, magari con il Giro. Però conta soprattutto andare forte. E se vai bene al Tour… Il c.t. Cassani lo sa: nel 2018, fui il primo a chiamarmi fuori dal Mondiale perché non andavo. Ma, se sono il miglior Aru, può contare su di me“.