Giro d’Italia, Nibali e il Team Bahrain-Merida preparano il grande show sulle Alpi: ecco perché lo Squalo può centrare l’ennesima impresa

  • Foto POOL (c)Tim De Waele / LaPresse
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  • Canazei - Mercoledì 24 Maggio
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  • Piancavallo - Venerdì 26 Maggio
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  • Milano - Domenica 28 Maggio
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Giro d’Italia, in vista delle decisive tappe alpine occhi puntati su Nibali e il Team Bahrain-Merida: sono loro che possono far “saltare il banco”

Terzo e ultimo giorno di riposo oggi per il Giro d’Italia n° 100, che si deciderà tra Martedì 23 e Domenica 28 Maggio, sulle Alpi e nel percorso completamente pianeggiante della cronometro finale di Milano (30km, dall’autodromo di Monza fino a piazza Duomo).

Il tracciato prospettato nelle prossime 6 tappe è entusiasmante, e la classifica corta, avvincente. La corsa è apertissima, molto più rispetto a quanto molti fantomatici “addetti ai lavori” vogliano far credere. In maglia rosa c’è un giovane olandese di appena 26 anni, Tom Dumoulin, che si fa rispettare da tutti ed è diventato anche temibile, ma a leggere certi commenti si sta un po’ esagerando nel sopravvalutarlo. E’ un fortissimo crono men, medaglia d’argento alle olimpiadi di Rio de Janeiro, ma è ancora molto giovane, alla seconda partecipazione al Giro d’Italia dopo quella dello scorso anno quando si ritirò all’11ª tappa dopo una crisi terribile. S’è ritirato anche negli ultimi due Tour de France (2015 e 2016), gli unici a cui ha partecipato, e il miglior risultato della sua carriera nelle grandi corse a tappe è il 6° posto della Vuelta 2015 vinta da Fabio Aru, quando indossava la maglia rossa di leader ma è andato in crisi nell’ultima tappa di montagna perdendo ben cinque posizioni di classifica e tantissimi minuti dal Cavaliere dei Quattro Mori.

Insomma, se Dumoulin resistesse ancora in maglia rosa (o comunque vicino ai migliori) nelle prossime 5 tappe di alta montagna, sarebbe una sorpresa clamorosa. Una rivelazione storica. Molto più probabile una crisi sulle montagne più alte e più difficili, nelle tappe lunghe con tante scalate in rapida successione. Lì può andare in pesantissima difficoltà. Anzi, è probabile che ciò accada. Ed è chiaro, visto il percorso dei prossimi giorni, che questo Giro non lo vincerà chi attaccherà meglio, bensì chi resisterà di più. Sarà una corsa ad eliminazione, la selezione si farà da dietro, tanti andranno in crisi, tanti cadranno o perderanno terreno in discesa, tanti vedranno mancare il supporto delle squadre che non sono all’altezza della situazione (tra i big, il solo Quintana oltre a Nibali può contare su compagni all’altezza).

Non dimentichiamo che ad inizio Giro, la vittoria di Dumoulin era quotata dai bookmakers a 16.00, mentre il successo di Quintana era dato a 2.00, quello di Nibali a 7.50, persino quello di Kruijswijk a 9.00, molto più basso rispetto a Dumoulin. Sono riferimenti importanti per far capire quanto sia clamoroso immaginare che Dumoulin possa vincere questo Giro d’Italia: non è che basta una vittoria come quella di Oropa, dopo una tappa cortissima e facile, completamente pianeggiante, con una sola salita corta e neanche troppo dura (quindi un percorso ideale per le caratteristiche di Dumoulin), per capovolgere ogni pronostico.

Lo scorso anno al Giro d’Italia dopo la 18ª tappa (quindi molto più vicino al traguardo finale) in maglia c’era un altro olandese, più quotato ed esperto di Dumoulin e con un vantaggio molto più ampio. Steven Kruijswijk – infatti – l’anno prima (2015) era arrivato 7° al Giro d’Italia, addirittura da giovanissimo nel 2011 era arrivato 8°. Poteva vantare anche buoni piazzamenti al Tour de France (15° nel 2014, 21° nel 2015) dove Dumoulin ha avuto soltanto due fugaci apparizioni senza mai arrivare a Parigi. Certo, Dumoulin è più giovane, è diventato professionista due anni dopo Kruijswijk, ma l’anno scorso dopo 18 tappe e a sole due gare dalla fine la classifica generale era molto più difficile per gli inseguitori:

  1. Steven Kruijswijk
  2. Esteban Chaves a 3′ e 00”
  3. Alejandro Valverde a 3′ e 23”
  4. Vincenzo Nibali a 4′ e 43”
  5. Ilnur Zakarin a 4′ e 50”

Tutti pensavano che Kruijswijk sarebbe diventato il 1° olandese a vincere la maglia rosa, il primo olandese a comparire sul Trofeo senza Fine. Invece bastarono due tappe di montagna a Vincenzo Nibali per ribaltare tutto e l’Olanda rimase ancora a secco di successi in Italia. Erano due tappe di quelle ideali per lo Squalo, lunghe, con tante salite, ad alta quota. Quelle giuste per esaltare le sue doti di fondo, non quelle corte, piatte e facili con una sola salita finale come ad Oropa dove ha vinto Dumoulin (com’era abbastanza prevedibile).

Dopo quelle due tappe, a Torino vinse Nibali con 52” su Chaves, 1′ e 17” su Valverde e 1′ e 50” su Kruijswijk. Quindi lo Squalo in due tappe è stato in grado di recuperare 6′ e 33′‘ a Kruijswijk (uno che, abbiamo visto, per caratteristiche e per performance in carriera, è molto simile a Dumoulin), ma anche 2′ e 35” su uno scalatore puro come Chaves e 2′ e 37” su un campione straordinario come Valverde.

Quest’anno, invece, per vincere Nibali non deve infliggere distacchi simili: nelle prime due settimane non è mai andato in crisi com’era accaduto al Giro dello scorso anno, in classifica generale paga 3′ e 40” da Dumoulin, di cui 2′ e 07” rimediati nella cronometro di Foligno e 14” per gli abbuoni conquistati dall’olandese, quindi lo Squalo ha perso appena 1′ e 19” nelle due salite di Oropa e del Blockhaus, due salite ripetiamo più adatte a un corridore esplosivo come Dumoulin, perché secche, dopo tappe corte e facili, pianeggianti, entrambe nella prima parte del Giro. Nibali, inoltre, è vicinissimo agli altri avversari: deve recuperare appena 19” da Pinot e 59” da Quintana (il francese ha conquistato 10” di abbuoni, il colombiano 16”, quindi in realtà Nibali su strada ha perso appena 9” da Pinot e 43” da Quintana), molto meno rispetto a quanto non fosse indietro l’anno scorso da Chaves e Valverde.

Ecco perché l’ennesima grande impresa è più che mai possibile. E non veniteci a dire frasi del tipo “sì ma questi sono più forti, vuoi paragonare Dumoulin, Quintana e Pinot, con Kruijswijk, Chaves e Valverde“. Sì, li paragono eccome. L’anno scorso li avevate incoronati come se fossero tre campioni imbattibili, adesso li sminuite rispetto agli attuali. Valverde è certamente il più forte di tutti questi, Kruijswijk e Dumoulin ad oggi si equivalgono (poi se Dumoulin migliorerà, lo scopriremo solo col tempo, anche l’anno scorso tanti prof. erano convinti che Kruijswijk sarebbe diventato il nuovo Indurain… e oggi dicono lo stesso di Dumoulin senza rendersi conto che è ancora prematuro, perché non ha vinto nulla!), Chaves ha tutte le carte in regola per diventare più forte dell’eterno secondo Quintana, sicuramente è un corridore molto più simpatico e piacevole, intanto Quintana è stato fin qui la grande delusione di questo Giro. E Pinot è un ragazzino di 27 anni alla prima esperienza al Giro con l’obiettivo di salire sul podio: a vincere neanche ci pensa. Se oggi gli dicessero che arriva terzo a Milano e vince una tappa, firmerebbe subito ad occhi chiusi.

Nibali, invece, c’è sempre stato. E certo non si accontenterà neanche di un secondo posto. Darà tutto fino alla fine, ci proverà in ogni modo possibile. Tra i big è il più grande, il più esperto, il più forte. E’ l’unico ad aver vinto due volte il Giro, una volta il Tour e una volta la Vuelta. Ha una grande squadra, il Team Bahrain-Merida si sta dimostrando il migliore persino rispetto alla Movistar, crescendo tappa dopo tappa sempre a supporto dello Squalo. Tra gli uomini di classifica, in questo Giro Nibali è stato il più costante e regolare, basti guardare i piazzamenti. Su 15 tappe, è arrivato 8 volte tra i primi dieci, è stato sempre tra i primi anche nelle tappe pianeggianti e nelle volate, il piazzamento peggiore è stato un 34° posto, poi 14 volte sempre nei primi 30. Significa molto: è attento, lucido, sveglio, ha fame di vittoria ed e accompagnato da un gruppo di compagni molto compatti intorno al loro capitano. E’ arrivato una volta quinto, una volta sesto, tre volte settimo, due volte decimo. Non è roba da poco conto. E adesso arrivano le sue tappe, il suo terreno. Nonostante un percorso non ideale, è stato l’unico ad attaccare sull’Etna, nella tappa Appenninica e ieri a Bergamo. S’è dovuto difendere sulle due salite a lui non congeniali, ma non lo scopriamo certo oggi che Nibali non è uno scalatore puro ne’ un corridore esplosivo. E’ un campione umano, e lo sta confermando anche in questo Giro.

Già sabato sera, dopo la tappa di Oropa, avevamo scritto in controtendenza rispetto alle fandonie che si leggevano un po’ ovunque, che per Nibali erano arrivate “ottime indicazioni”. In realtà anche Nibali era deluso da quella tappa, più che altro dall’ultimo chilometro in cui s’è piantato, perdendo oltre 30 secondi proprio negli ultimi 500-600 metri prima del traguardo sul Santuario della Madonna Nera. La sera fino a tardi è rimasto sui social e ha persino commentato in modo pesante alcuni articoli giornalistici, uno sfogo non da lui, segnale evidente di un nervosismo legato all’insoddisfazione del risultato. Forse neanche lui riusciva a vedere che in realtà il bicchiere era mezzo pieno. Dopo poche ore l’abbiamo visto scattare e dare spettacolo a Bergamo, pilotato da un Team Bahrain-Merida sempre più solido, fino a sfiorare la vittoria di tappa nel finale, in un Giro in cui nessun italiano è ancora riuscito a trionfare. Abbiamo avuto un piccolo assaggio del grande Show che lo Squalo e la sua squadra stanno preparando in vista delle Alpi, senza dimenticare che la crono finale è molto adatta alle caratteristiche di Nibali dove rispetto ad avversari come Pinot, Quintana (ma anche Zakarin, Pozzovivo ecc. ecc.), potrà guadagnare molto.

Soltanto Dumoulin (e Jungels) a Milano andranno meglio dello Squalo, ma bisogna vedere in che condizioni e con quali distacchi ci arriveranno.
Il grande spettacolo deve ancora iniziare.

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