Nel mondo dello sport capita sempre più spesso sentire atlete denunciare molestie da parte di allenatori, preparatori, medici, fisioterapisti e staff vario. Il caso più famoso è probabilmente quello della Nazionale USA di ginnastica artistica, con anche la campionessa Simone Biles che ha denunciato il medico Larry Nassar. Anche nel ciclismo femminile tante atlete hanno denunciato diversi casi di molestie sessuali, così l’Uci ha deciso di indagare e dopo il #MeToo finalmente è arrivata la prima condanna.
Condannato Patrick Van Gansen
L’ex manager del team belga Health Mate, Patrick Van Gansen, è stato condannato per aver violato il codice etico stilato dall’Unione Ciclistica Internazionale. Per l’ex manager, reputato colpevole, uno stop di 20 mesi da qualsiasi attività ciclistica per un periodo retroattivo che va dal 16 aprile 2020 al 31 dicembre 2022. Il ritorno all’attività di Van Gansen non sarà semplicissimo: l’ex manager della squadra belga dovrà infatti seguire un corso sulle molestie sessuali sul posto di lavoro in un istituto riconosciuto per poter riavere la licenza.
Le molestie
Diverse atlete hano accusato l’ex manager di molestie: ben 14, dieci delle quali hanno preferito restare anonime, cicliste della Health Mate, hanno subito molestie da parte di Van Gamsen, ex manager della squadra belga adesso condannato dall’UCI.
La soddisfazione dell’UCI
Una prima sentenza ed una condanna che rendono soddisfatta l’UCI. L’Unione ciclistica internazionale è infatti felice per essere riuscita a fermare l’ex manager belga. Lappartient, presidente dell’UCI, ha spiegato come questo risultato sia un primo passo davvero importantissimo, per dimostrare alle atlete di potersi fidare delle istituzioni.
Ma c’è davvero da essere felici?
C’è però ben poco da essere felici. E’ una battaglia già sconfitta in partenza. L’UCI dovrebbe agire in modo tale che episodi del genere non possano accadere. Le istituzioni dovrebbero fornire ai team le condizioni per poter creare un clima sereno e per nulla pericoloso per le atlete. Le sportive non devono temere di trovarsi in situazioni spiacevoli, ma dovrebbero essere certe di entrare in quella che potrebbe reputarsi una seconda famiglia, dove stare al sicuro, protette in tutto e per tutto. L’UCI una cosa giusta l’ha detta: si tratta solo dell’inizio: l’inizio di una lunghissima strada. Serve infatti una formazione a 360 gradi, non solo nei team ma anche nelle istituzioni stesse per mettere le cose in chiaro, mostrando sanzioni ben più severe di uno stopo di 20 mesi, come quello di Van Gamsen, che non siamo troppo convinti che possa imparare la lezione semplicemente stando lontando dal mondo del ciclismo per poco più di un anno e mezzo.