Dal dramma al sogno, l’impresa di Francesca Jones: la tennista con 8 dita qualificata agli Australian Open

Francesca Jones è riuscita a qualificarsi al tabellone principale degli Australian Open nonostante abbia otto dita a causa di una rara sindrome

SportFair

Una vittoria personale, un trionfo che sotto sotto nasconde molto di più di quanto possa sembrare a prima vista. Francesca Jones ha conquistato l’accesso al tabellone principale degli Australian Open, lo ha fatto da numero 241 della classifica WTA e questo già di per sé potrebbe sembrare clamoroso. Ma a rendere questa storia davvero unica è che Fran, come la chiamano gli amici, ha una rara sindrome che l’ha colpita alla nascita.

La malattia di Fran

Francesca Jones
Tom Dulat/Getty Images

In gergo medico si chiama sindrome da displasia ectodermica ectrodattilia e colpisce le estremità degli arti, Francesca Jones ne soffre dalla nascita e per colpa di questa malattia è venuta al mondo con tre dita e un pollice su ciascuna mano, tre dita del piede destro e quattro nel sinistro. Nel corso della sua vita ha subito numerosi interventi, i medici le avevano detto che non sarebbe mai diventata una sportiva, lei invece ha addirittura preso una racchetta in mano e si è arrampicata fino al tabellone principale degli Australian Open. Un’impresa da leggenda, che fa di Francesca Jones un’autentica eroina.

Il suo messaggio

Francesca Jones
Julian Finney/Getty Images

Francesca Jones ha raccontato ciò che ha dovuto passare nel corso della sua vita, sottolineando di non essersi mai arresa: “la mia sindrome è molto rara e oltre all’handicap più visibile, quello delle dita, dà molti altri sintomi. I dottori mi hanno detto che non potevo giocare a tennis e ho voluto dimostrare che sbagliavano – le sue parole al Guardian – il mio corpo non è destinato a essere quello di un’atleta, diciamo così, ma per me questo non significa che io non possa esserlo. Anche una Rolls Royce è costruita da zero. Ho solo provato ad affrontare la cosa a muso duro e vedere come avrei potuto dimostrare che quella persona si sbagliava. E anche provare a me stessa che potevo fare quello che volevo e incoraggiare pure gli altri a farlo, perché penso che ci siano tanti bambini che sono limitati da ciò che dicono gli altri”.

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