Prima medaglia per l’Italia ai Mondiali under 20 di Cali, in Colombia. Una meraviglia sotto la pioggia. Da sesta a terza, da una gara discreta alla giornata più bella della sua vita sportiva. Marta Amani regala all’Italia il bronzo del salto in lungo, indovinando il primato personale di 6,52 (+0.7) nel salto del dentro-fuori, al sesto e ultimo turno, quando ormai la partita sembrava chiusa, con una serie stabile però senza picchi.
Ma la tempra di questa ragazza, milanese di Villa Cortese, non ancora diciottenne e già campionessa italiana assoluta indoor ad Ancona al primo anno di categoria juniores, è tale che bisogna attendere fino all’ultima chiamata. Lo stacco è al limite della perfezione (solo 2,6 cm lasciati in pedana, secondo la rilevazione ufficiale World Athletics), l’azione in volo è composta ed efficace, la pioggia la disturba ma le motivazioni sono ancora più scroscianti e la voglia di balzare su quel podio prevale: saltando un centimetro in più del personale realizzato agli Assoluti di Rieti (6,51), inghiottite in un colpo solo l’australiana Surch (6,45), la polacca Matuszewicz (6,31), la sudafricana Fouche (6,31), allungando con decisione rispetto al 6,24 che la collocava in sesta piazza (seguito da 6,22, due nulli e 6,21) con il rischio di mandarla a casa con un po’ d’amaro.
Resta a sette centimetri l’argento della padrona di casa Natalia Linares (Colombia, 6,59), a quattordici la medaglia d’oro della bulgara Plamena Mitkova (6,66), una saltatrice 2004 come la Amani, e quindi avversaria di categoria anche nella prossima stagione. L’accento è sulla ‘ì’ finale, come ci tiene sempre a ribadire Marta: nel sangue dell’azzurra scorre l’atletica leggera, da parte di mamma Marina Favaro, ex quattrocentista azzurra che le ha trasmesso anche la passione per la velocità (ieri 24.01 nei 200, in stagione 53.42) oltre che quella per il lungo, coltivata sul campo di Bienate Magnago con coach Fiorella Colombo difendendo i colori del Cus Pro Patria Milano. Sospesa la finale del martello con Rachele Mori, ottavo Mattia Furlani nell’alto, dodicesimo Edoardo Stronati.
Mori d’oro
Mori, Mori, c’è Mori! È campionessa del mondo, Rachele Mori. È la regina del martello a Cali, in Colombia, nella penultima giornata dei Mondiali under 20, al termine di una finale indimenticabile, interrotta per quattro ore a causa della pioggia e poi ripresa dalla livornese con ancora più veemenza e convinzione, fino al dominio iridato con la misura di 67,21. Una gara rocambolesca, incredibile, snervante. Un’attesa infinita, sciolta in un urlo liberatorio al quarto lancio, la spallata dell’ideale k.o. per tutte le avversarie: “Eccolooooooooooo”, grida Rachele, nipote di Fabrizio Mori, che l’oro mondiale (dei grandi) lo vinse a Siviglia nel 1999 nei 400hs. La 19enne delle Fiamme Gialle consegna all’Italia la sua prima medaglia d’oro nei lanci nella storia dei Mondiali under 20, a conferma del momento favorevole del martello femminile dopo il quarto posto di Sara Fantini a Eugene.
Quattro ore di stop, quattro ore eterne prima di riprendere a lanciare, dalle 15.45 alle 19.45 locali, quando in Italia è notte fonda. La pressione è al massimo per Rachele Mori, donna da battere, leader mondiale stagionale e in testa anche dopo i primi due turni, quando il temporale si abbatte sullo stadio Pascual Guerrero, inonda la pedana e rende impossibile proseguire la sfida. A quel punto la livornese allenata da Massimo Terreni, e cresciuta con Riccardo Ceccarini, ha già messo un primo mattoncino, un’ipoteca sul titolo con il 62,97 del secondo lancio. Al rientro in pedana, l’azzurra è tutt’altro che provata mentalmente, almeno all’apparenza: appare serena, allunga a 63,82, poi sfonda la linea immaginaria dei sessantacinque metri con 65,84 e allarga le braccia in segno di festeggiamento, quindi fa esplodere la “curva” dei compagni azzurri con il 67,21 del quinto lancio, il punto esclamativo sul suo trionfo.
Esulta in tribuna Nicola Vizzoni, è commosso zio Fabrizio, ormai è una cavalcata trionfale verso il successo e non ce n’è per nessuna: chiuderà con oltre quattro metri di vantaggio su tutte le rivali, con l’argento alla messicana Paola Bueno Calvillo (62,74) e il bronzo alla giapponese Raika Murakami (61,45). Le lacrime versate già prima dell’ultimo lancio, il bacio alla pedana, la festa con la bandiera, l’abbraccio con tutta la squadra: aspettare, sì, ne è valsa la pena. È il sesto oro azzurro in diciannove edizioni della rassegna iridata under 20, dopo Ashraf Saber nei 400hs (Seul 1992), la doppietta di Andrew Howe a Grosseto 2004 (lungo e 200), il titolo dell’alto di Alessia Trost a Barcellona 2012 e la vittoria della 4×400 maschile a Tampere nel 2018. Che testa. Che sangue freddo. Che Mori.
“Non so come ho fatto, ero a pezzi – racconta Mori, una famiglia per lo sport, sorella dell’azzurro del rugby Federico – sembrava di stare in un incubo, dopo l’interruzione siamo tornate per tre ore in call room, è stato tutto infinito. Ma rientrata in gara mi sono sentita bene, ho sentito soltanto crampi ai polpacci al quarto lancio ma ho continuato e quei 65 metri sono stati una botta di emozione! Ho urlato perché ho sentito subito che il lancio era buono. Mi presentavo con la miglior misura ma la gara è gara, e bisogna ripetersi in quel momento”. Dopo il sesto posto dello scorso anno ai Mondiali U20 di Nairobi e agli Europei U20 di Tallinn, stavolta la primatista italiana (68,04) è sul trono: “è stato bellissimo e pian piano metterò a fuoco il tutto. Intanto mi sento di fare un ringraziamento speciale al mio allenatore Massimo Terreni. E dico grazie anche a Sara Fantini: il suo quarto posto mondiale mi ha dato quella carica in più, ci siamo sentite prima della gara ed è stata davvero di stimolo“.