E’ passato tanto tempo dall’addio del Papu Gomez all’Atalanta, dovuto alla lite avuta con Gasperini nell’intervallo del match di Champions League contro il Midtyjlland. Una questione mai venuta a galla fino ad oggi, dal momento che il centrocampista argentino ha deciso di vuotare il sacco parlando ai microfoni de ‘La Nacion’. Stuzzicato su quanto successo in quella fredda sera di Bergamo, il Papu ha ammesso: “sbagliai anche io, perché non obbedii a una consegna tattica. Mancavano 10 minuti alla fine del primo tempo, Gasperini mi chiese di spostarmi sulla destra, ma io stavo giocando benissimo a sinistra. Così gli risposi di no. Immaginate che significa, sul campo oggi, con tutte le telecamere. Sapevo che l’allenatore si sarebbe arrabbiato, che mi avrebbe tolto all’intervallo e in effetti fu così. Ma quello che successe poi nello spogliatoio valicò ogni limite“.
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L’aggressione
Niente peli sulla lingua per il Papu Gomez, arrivato ad ammettere di aver rischiato di subire un’aggressione da parte di Gasperini: “tentò di picchiarmi. Ok discutere, ma un’aggressione fisica non la posso accettare. Così, dopo questo fatto, chiesi ad Antonio Percassi un incontro e gli spiegai che per me non c’erano problemi a continuare assieme, ammettendo anche le mie colpe: come capitano non mi ero comportato a modo, ero stato un cattivo esempio non obbedendo a un’indicazione dell’allenatore. Però chiesi al presidente che per andare avanti avevo bisogne delle scuse di Gasperini. Una società non può tollerare che il tecnico provi ad aggredire un calciatore“.
Niente scuse
Il momento decisivo poi arrivò il giorno seguente, come spiega Gomez: “il giorno dopo ci fu una riunione di tutta la squadra. Io mi feci avanti e chiesi scusa a tutti: allenatore e compagni. Gasperini, però, non proferì parola. Ma come? Io riconosco di essermi comportato male e quello che ha fatto lui? Andava bene, nessuna scusa? Dopo qualche giorno comunicai a Percassi che non volevo più stare all’Atalanta e lavorare con Gasperini, se le cose stavano così. Il presidente mi rispose che non mi avrebbe lasciato andare via così a cuor leggero. Cominciò il tira e molla, le cui conseguenze le ho pagate sulla mia pelle: mi misero fuori squadra, ad allenarmi da solo o con le riserve. Percassi non ha avuto le palle di chiedere a Gasperini di porgermi le sue scuse. Si sarebbe risolto tutto. Poi mi chiusero le porte del calcio italiano: ero il miglior centrocampista della Serie A e non volevano cedermi a una rivale diretta. Avevo offerte dall’Arabia e dagli Stati Uniti, volevano mandarmi per forza là. Grazie a Dio, alla fine spuntò il Siviglia. E’ stato fondamentale per me, perché volevo a tutti i costi giocare la Coppa America con l’Argentina e così è stato possibile“.
Delusione
Tra Gasperini e la famiglia Percassi, Gomez non ha dubbi su chi l’abbia deluso di più: “la proprietà del club senza dubbio. Dopo tanti anni insieme, con il bel rapporto che avevamo: i miei figli andavano a scuola con i bambini della famiglia Percassi, condividevamo un sacco di cose. Poi mi hanno gettato nella spazzatura. Una cosa che mi fa male ancora adesso. Con un allenatore è normale si possa litigare, sono cose che succedono spesso, anche in altri lavori capita. Ma la reazione della società mi fece soffrire sul serio. I motivi? Economici. Gasperini è uno dei migliori allenatori d’Europa, che con il suo lavoro fa crescere il valore dei calciatori della rosa. Scelsero lui e non me, perché sapevano che avrebbe continuato a garantire loro soldi dalle cessioni dei calciatori. I tifosi meritano di sapere la verità, per questo oggi ho voluto raccontarla. Ed è giusto anche per me. Da un giorno all’altro mi fecero sparire e l’intenzione era quella di addossarmi tutte le colpe. Volevano far credere che me ne andassi a Siviglia per i soldi. E’ ora che i tifosi dell’Atalanta sappiano come è andata“.