Come Antonella Bellutti vuole cambiare il CONI: “basta logiche di potere, così lo sport è un’officina di disadattati che a 35 anni devono reinventarsi una vita”

Idee chiare quelle di Antonella Bellutti, candidata alla presidenza del CONI che ha rivelato ai microfoni di SportFair il proprio programma elettorale

SportFair

Un taglio con il passato. Netto. Per dare allo Sport un volto diverso, staccato da quelle logiche di potere ‘inamovibili’ che lo hanno finora ancorato ad un passato chiuso e obsoleto. Antonella Bellutti ha le idee chiare e un programma ben definito, la sua candidatura alla presidenza del CONI rappresenta proprio la novità in un settore immobile come quello sportivo, dove l’uguaglianza tra generi e il professionismo appaiono come entità utopiche piuttosto che obiettivi concreti da raggiungere. Un mondo da rimodellare seguendo i valori di aggregazione e di condivisione che la pandemia ha rovinato, ripartendo dalle scuole e dalle associazioni individuate come gli strumenti adatti per far ripartire in Italia il mondo dello Sport. Un programma articolato e analitico, che Antonella Bellutti ha espresso con entusiasmo ai microfoni di SportFair

Come è maturata la decisione di candidarsi alla presidenza del CONI?

Antonella BelluttiL’idea è nata 5 anni fa prima della scorsa elezione, perché con ASSIST (l’associazione nazionale atlete con cui svolgo un’attività di supporto e attivismo) era nata l’esigenza di dar voce a temi che tendono ad essere trascurati. Allora non ero pronta, non me la sentivo e ho lasciato che in questi 4 anni maturasse l’idea e adesso, forte della crescita di questo movimento che sosteneva la mia candidatura, mi è sembrato un’ottima modalità per portare una testimonianza e fare proposte concrete per la dirigenza del futuro di cui spero di far parte. Qualcuno ha definito il mio programma da ‘Palazzo Chigi’, altri lo hanno definito ‘Programma dei sogni’, ma anche i fenomeni complessi hanno bisogno di essere affrontati con una visione globale. Lo sport è un fenomeno complesso che si compone di tante dimensioni e ha bisogno di essere guardato con un approccio globale. Credo che soprattutto negli ultimi anni, da quando c’è stata la frammentazione all’interno del sistema sportivo tra Coni, Sport e Salute e Governo, si sia creato un mostro a tre teste che ha bloccato il sistema invece di aiutarlo a crescere. La mia proposta è una visione che ci aiuta a immaginare e sognare, avendo un riferimento per iniziare a creare. La cosa più importante è avere una dirigenza capace di dialogare con le altre istituzioni e dare un esempio di applicazione di valori sportivi che sono importanti e che proprio le istituzioni che si occupano di sport dovrebbero esprimere. Una spinta ulteriore me l’ha data il modo in cui è stato considerato lo sport inteso come attività motoria durante la pandemia. E’ stato un ulteriore conferma della scarsa cultura sportiva in senso lato, che ha messo in ginocchio le associazioni e il sistema immunitario delle persone. Abbiamo vissuto una condizione drammatica che non ha aiutato, questo mi ha fatto molto male. E’ stata l’ennesima dimostrazione che non c’è stata una voce autorevole capace di dare allo sport la dignità che si merita“.

Quale sarebbe la prima cosa che cambierebbe se fosse eletta alla presidenza del CONI?

Antonella BelluttiLa prima cosa da cambiare in una visione così complessa è difficile da individuare, ma la centralità per me è l’inclusione, fare in modo che lo Sport inteso in senso lato come attività motoria, educazione fisica, avviamento, agonismo e stile di vita diventino un’occasione per tutti. Questo vuol dire che lo Sport deve essere un diritto di cittadinanza, un’opportunità per tutti. Per far ciò è fondamentale che lo Sport entri nella scuola (che è l’unica esperienza che riguarda tutti) in due modi:

  • aumentando le ore di educazione fisica, riportandole alla media europea e affidandole a persone laureate in Scienze Motorie;
  • Colmare quel vuoto di sport scolastico in orario extra-curriculare. Permettere alle associazioni sportive di entrare nelle scuole e promuovere l’attività inter e multi-disciplinare;

Quando questo succederà e lo Sport entrerà nella vita di tutti, avremo tanti talenti che sapranno quale disciplina fare. Oggi se accade è un miracolo, come fa un bambino a trovare il suo talento se non viene pungolato? E’ davvero complicato. Io lo so perché sono una ciclista per caso, ho vinto due medaglie olimpiche ma il mio sport inizialmente era l’atletica. Sono arrivata dopo una serie di vicissitudini a correre in bici e a vincere due ori olimpici, le uniche medaglie vinte dall’Italia nel ciclismo su pista femminile, una situazione che dovrebbe far riflettere considerando che sono una ciclista per caso. Quando lo Sport sarà un diritto di cittadinanza e scuole e associazioni saranno al centro del sistema allora avremo una società sana e attiva, avremo tanti talenti che riempiranno le caselline del medagliere. Solo a quel punto potremmo definirci una eccellenza nello Sport“.

Perché il CONI così come è strutturato secondo te non funziona?

Malagò
Foto di Luciano Solero / Ansa

Il CONI in oltre 100 anni di storia ha avuto le funzioni di un Ministero e le ha avute in una condizione privilegiata, essendo autonomo per necessità. Ha avuto tutto il modo e tutto il tempo per progredire, oltre che tutte le eccellenze del caso, ma secondo me è mancata la visione. Anche l’attuale dirigenza ha fatto cose ottime, ha portato le Olimpiadi in Italia per esempio, però se non c’è la sensibilità di capire che i livelli alti non rappresentano un microcosmo avulso dalla realtà, bensì la conseguenza di politiche di base che devono lavorare per l’inclusione, tutto si rovina. Non c’è qualcosa di pratico che manca, ma solo l’intenzione e la volontà di farlo che manca. Da due anni c’è una divisione di competenze, non si sa chi fa che cosa. Anche questa è una conseguenza dell’incapacità di comunicare e avere una visione che sappia mettere in rete le sinergie. Non vuol dire che il CONI deve essere onnipotente e realizzare tutto ciò che ha a che fare con il mondo sportivo, ma deve essere l’eccellenza di riferimento che ti dice che cosa serve allo Sport e in che modo si possono raggiungere gli obiettivi insieme alle altre istituzioni. E’ mancata una visione di insieme, uno sguardo ampio su un fenomeno complesso“.

Perché secondo lei, in più di 100 anni di storia, la carica di presidente del CONI non è mai stata ricoperta da una donna?

valentina vezzali
Foto di Angelo Carconi/ Ansa

Non c’è mai stata una donna al CONI ma nemmeno a capo delle altre Federazioni. Ottocento ruoli ma nessuna donna, l’eccezione è arrivata pochi mesi fa con l’elezione di una donna a capo della Federazione di Squash. E’ un sistema chiuso, per questo io lo definisco ‘feudo’ anche se Malagò si è molto risentito. Un sistema che si è arroccato in un potere che ha le sue logiche nella conservazione di questo potere. Ci sono molti presidenti di federazione al quarto o quinto mandato, anche se abbiamo una legge sui mandati che li limita a 3. Ma cosa è successo? L’abbiamo fatta entrare in vigore senza retroattività, quindi ci sono presidenti che dopo aver fatto tre mandati prima dell’entrata in vigore della legge, ne hanno potuti fare altrettanti dopo l’emanazione della norma. Quindi questo vuol dire che ci sono logiche di conservazione de potere non solo consolidate, ma proprio inamovibili. Questo è un ostacolo non solo per donne e giovani, ma anche per chi abbia una visione diversa e che sia portatore di bisogni differenti da quelli che caratterizzano questo sistema. Adesso si parla molto delle quote, ma questa è una direttiva che dipende dal CIO che sta puntando alla parità su tutto in vista dei Giochi di Parigi 2024, dove la partecipazione di atleti e atlete per una Nazione dovrà essere uguale. Le quote non piacciono, ma sono uno strumento efficace che serve per rispondere all’articolo 3 della Costituzione, nello Sport il raggiungimento dei ruoli che contano. L’assenza di donne nei quadri tecnici è imbarazzante, le donne non hanno nemmeno la possibilità di diventare tecnico di squadre nazionali“.

Il caso Lara Lugli ha fatto enormemente discutere negli ultimi mesi, cosa si può fare affinché situazioni del genere non accadano più in futuro?

Al di là dei contorni di questa vicenda che sono drammatici, perché la vittima è diventata colpevole. La Federazione e il CONI sono stati muti di fronte a questa situazione, non si è alzata una parola di diffida nei confronti della società, questa è una aggravante di una situazione che vede il professionismo sportivo in Italia un’utopia. C’è stata fino ad oggi la legge 91 del 1981 che ha demandato alle Federazioni la decisione di aprire al professionismo, con il risultato che questo esiste solo in 4 discipline ma solo per le massime categorie maschili. Le donne e tutti gli altri sono dilettanti. Si è guardato in tutto questo ai gruppi sportivi militari come la soluzione, quando in realtà questi sono solo una possibilità, una risposta e non la soluzione. Questa ce la offre la riforma che disciplina il lavoro sportivo. In questo però cosa c’è di drammatico? Non solo che i presidenti federali abbiano chiesto a Draghi di non approvare la riforma, che lui comunque ha approvato, ma se non si fanno dei correttivi ancora una volta rischia di restare inapplicata perché è discrezionale. Ossia si demanda alla facoltà dei dirigenti decidere se applicarla o meno, invece di partire dalla natura della prestazione. Va definito dunque il lavoro sportivo e quali sono i parametri che fanno scattare le tutele di lavoratore sportivo. Se non si fa questo, la legge continuerà a non essere applicata e continueremo ad avere casi come quello di Lara Lugli. Se lo sport agonistico non consente agli atleti di avere le tutele dei lavoratori, continuerà ad essere un’officina di disadattati, di persone che a 35 anni devono reinventarsi sia una vita che un’identità psicologica, provando a trovarsi una collocazione professionale al di fuori di un mondo sportivo che tende a non coinvolgerli. Non si può lasciare tutto al caso, lo Sport è una cosa seria ma non solo per i valori, ma per tutto ciò che muove e per gli effetti che ha. Va affrontato con politiche serie e a lungo termine, con la sinergia tra le istituzioni“.

Tornando indietro nel tempo, qual è il ricordo più bello della sua carriera sportiva?

Il ricordo più bello ovviamente sono le vittorie olimpiche, perché sono stati momenti in cui ho capito l’importanza dello Sport. Chi come me ha fatto discipline che non hanno rilevanza mediatica, vivere la sensazione di universalità che lo sport rappresenta è un’emozione fantastica. L’Olimpiade permette agli atleti di entrare nelle case di tutti. L’affetto con cui sono stati accolti i miei risultati mi ha veramente dato la dimensione di quanto lo Sport possa essere importante per la crescita personale e sociale. Prima pensavo fosse qualcosa di mio, da quel momento ho capito che lo Sport è uno strumento fondamentale per la crescita e lo sviluppo umano“.

Quali difficoltà hai dovuto superare per arrivare in alto? Ha mai subito discriminazioni di genere? 

Antonella BelluttiSicuramente gli ostacoli sono di più dei successi, ma per citarne uno devo ricollegarmi alla mia esperienza nell’atletica leggera. Ho fatto tanti record durante il mio percorso, di cui uno durato 34 anni a livello nazionale. Ho smesso di fare atletica perché mi son fatto male a un ginocchio e non guarivo, dopo 4-5 mesi in cui non vedevo un futuro e dovevo pagarmi da sola le spese mediche, ho smesso e finito l’università per poi trovarmi un lavoro. Per caso ho iniziato ad andare in bici per curare il mio ginocchio, la vita così mi ha regalato questa emozione di vincere due ori olimpici“.

Essendo una campionessa di ciclismo, come vede il prossimo Giro d’Italia? E Tokyo 2020?

Trofeo Giro d'Italia
Foto di Luca Zennaro / Ansa

Riguardo il Giro d’Italia vorrei soffermarmi sul punto di vista sociale che esso rappresenta, essendo da sempre stato un evento di unità nazionale, un momento di entusiasmo per ciò che porta nei luoghi dove passa. Siccome il ciclismo è uno sport popolare, mi fa piacere pensare al prossimo Giro come occasione di rinascita per il popolo italiano. Tokyo 2020? Da cittadina mi auguro che i Giochi si facciano e possano essere un evento che possano regalare entusiasmo e ispirazione al movimento di base che è stato penalizzato dalla pandemia. Da candidata presidente del CONI, mi auguro che l’Italia sappia portare ancora una volta i successi a cui ci ha abituato e che possano essere un volano per far ripartire tutto ciò che in questi mesi è stato purtroppo bloccato dalla pandemia“.

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