Segreti, aneddoti ma anche tanto ego. Quello che lo ha sempre contraddistinto e che lo ha portato ad un livello superiore, dove solo pochi ci sanno stare.
Zlatan Ibrahimovic è così, prendere o lasciare. Un giocatore nuovo, rispetto a quello che incantava 10 anni fa con la maglia del Milan addosso. Ma pur sempre decisivo, come dimostrano i gol e il carattere con cui sta trascinando la squadra di Pioli in vetta alla classifica della Serie A. Nel corso di una lunga intervista a Sky Sport con Massimo Ambrosini, Ibra ha parlato del passato, del presente e del suo futuro, rivelando parecchi aneddoti e soffermandosi sul proprio futuro.
“Le critiche mi caricano”
Il ritorno al Milan è stato voluto da Ibrahimovic in prima persona, per dimostrare di poter stare ancora a questi livelli: “dieci anni fa non era come adesso, questa è un’altra sfida. Riportare il Milan dove deve stare. Molti dicevano: “No, è difficile. No, è impossibile”, e queste cose mi piacciono, queste sfide mi caricano. Se ci dovessi riuscire è una sfida ben più grande che giocare in una squadra che è già al top. Invece qui la storia è al contrario. Qui devi riportare un club al top, e fare capire ai giocatori cosa significa essere al top. Se avevo paura non firmavo. La stessa situazione di quando ho firmato per il Manchester United. Molti dicevano: ‘sei troppo vecchio, il ritmo della Premier League è troppo alto, hai solo da perdere’. Allora faccio il contrario di quello che tutti dicono“.
Esigente con i compagni
La caratteristica di Ibrahimovic è quella di essere esigente con i propri compagni, un po’ come Jordan in ‘The Last Dance‘, un paragone che lo stesso svedese ha fatto: “chi ha giocato con me. Quando ho lasciato una squadra ho sentito tanti fare interviste così, ‘eh con lui non è facile, ti attacca’. Quando è uscito Last Dance ho detto: ecco, esempio perfetto. E’ una mentalità vincente, di chi fa tutto per vincere. Non dico che sono come Michael Jordan, parlo del modo di lavorare, di fare cose per vincere. E’ una mentalità differente. Non dico che vado in giro a baciare tutti, no, ma metto tanta pressione. Chiedo tanto? Sì. Accetto un pallone sbagliato? No, non lo accetto, perché quando siamo a questo livello siamo tutti qui per fare una prestazione. Poi quando giochi nel Milan si chiede tanto perché qua devi vincere. E’ normale. E nel mio mondo faccio tutto per vincere. Poi quando sbagli è normale… Nel mondo funziona così. Quando fai un passaggio fatto bene, per me è normale; perché se non lo facessi bene non dovresti nemmeno essere qua“.
Il Milan e il rinnovo
Dopo i primi sei mesi al Milan, Ibrahimovic aveva deciso di tornare in Svezia dalla sua famiglia, prima di cambiare idea e prolungare il contratto: “non ho scelto io di rimanere. Ti dico com’è andata. Pioli mi chiede: ‘cosa vuoi fare?’ Io rispondo: ‘secondo me non vado avanti’. Ho detto di no, non continuo. Basta. pensavo al sacrificio che dovevo fare per la mia famiglia. La famiglia è la cosa più importante. Loro vivono in Svezia e io sono qui da solo. Mi ero detto: per sei mesi va bene, ma un altro anno così no. Allora ho detto a Pioli di no. Lui ha detto: ‘ok ti rispetto, va bene’. Il giorno dopo mi ha richiamato, abbiamo fatto un’altra riunione qui fuori dal campo, e ha continuato: ‘no, non è così semplice’. Gli ho domandato il perché. E Lui: ‘ieri è stato troppo facile, ti ho lasciato andare troppo facilmente’. Mi ha detto che dovevo rimanere. ‘Se tu non rimani, qui sarà un’altra cosa’. Poi è passato il il tempo. Sono andato in in vacanza, poi avanti e indietro in Italia. Sono arrivato al momento in cui non volevo avere rimpianti. Non volevo arrivare a dire: ‘dovevo continuare’. Poi il feeling è cresciuto, allora ho chiamato Mino e gli ho detto: ‘chiudi tutto, parlo con la famiglia e si va avanti’. Però alla fine del primo campionato avevo pensato di non continuare“.