“Ho visto cuore, ho visto carattere. Qui c’è gente che ha il contratto a scadenza e andrà via e li vedo piangere… ma ho visto carattere, professionalità, cuore. Avete dimostrato tanto. Voglio vedere il veleno sempre, lo sapete. Ora giochiamocela sempre alla grande. Bravi, sono orgoglioso di voi“.
C’è Gattuso in mezzo al campo, fresco vincitore della Coppa Italia (più cringe della storia!), l’ennesimo trofeo della sua carriera straordinaria, ma il primo da allenatore. L’allenatore calabrese non è da solo, ma è circondato dai suoi giocatori riuniti in cerchio, sorridenti, ma attenti alle sue parole, come dei soldati davanti al proprio condottiero. ‘Ringhio’ è sempre stato un leader, tanto in campo quanto in panchina: urla, scappellotti e motivazione sono il suo pane quotidiano. I calciatori lo sanno e lo rispettano. Callejon piange, forse perchè sa che quello sarà l’ultimo trofeo a Napoli prima dell’addio, Gattuso lo lancia letteralmente in mezzo ai compagni festanti: il gruppo si forma anche così.
Poi Gattuso si presenta davanti alle telecamere RAI. Rino non sorride, nelle ultime settimane è venuta a mancare la sorella alla quale ha dedicato la vittoria. La vita dà, la vita toglie. Il calcio ha un Dio che a volte regala una piccola, grande, gioia al momento giusto. Il secondo discorso della serata di Gattuso è emozionante, a tratti conscious: “la vita mi ha dato più di quello che ho fatto io, il calcio mi ha fatto uomo, io ho dato molto meno. La scomparsa di mia sorella è stata durissima, non la digerisci mai. Chi fa questo lavoro deve avere rispetto: perciò tante volte mi arrabbio, io l’ho fatto per tantissimi anni, dai miei giocatori voglio senso di appartenenza, e appunto rispetto. Si deve lavorare con serietà, perché poi c’è sempre un Dio del calcio se fai le cose bene. Champions? I sogni sono molto importanti nella vita: il nostro dovere è fare queste ultime 12 partite con rispetto. Abbiamo tanti giocatori, tutti avranno spazio, abbiamo il dovere di provarci”.