Coronavirus – Lo studio olandese conferma: “più rischio al supermercato che in una partita di calcio”

Uno studio olandese fa notare come i momenti di stretto contatto nel calcio siano piuttosto minimi: c'è più rischio di contrarre il Coronavirus al supermercato che durante una partita

SportFair

Non si può mai escludere completamente il rischio contaminazione. Ma se si osservano le misure esistenti, la percentuale durante una partita di calcio non è maggiore rispetto a quella che si ha di prenderlo al supermercato. Quindi è quasi trascurabile“. Lo dice uno studio portato avanti da Edwin Goedhart, un medico associato alla federcalcio olandese, che ha dimostrato come i momenti di stretto contatto nel calcio non siano poi così frequenti e dunque tale sport non sia un maggior veicolo di diffusione del Coronavirus rispetto al fare la spesa al supermercato.

Solo nell’1,2% di tutte le partite, i giocatori si trovavano a meno di 1,5 metri l’uno dall’altro per più di 30 secondi. Se analizziamo ulteriormente le cifre, i giocatori rimangono in media solo 1,5 secondi a partita a meno di mezzo metro di distanza – si legge nello studio che ha analizzato 482 partite di Eredivisie – Quando si esulta per un gol, ma anche i calci d’angolo sono momenti in cui i giocatori si avvicinano. Potrebbe essere utile in tal senso introdurre una sorta di ‘shotclock’, cioè un lasso di tempo entro il quale debba essere effettuato il calcio d’angolo. Questo sarebbe un vantaggio anche per il ritmo del gioco. Valori anomali in cui i giocatori sono rimasti l’uno vicino all’altro per un tempo insolitamente lungo, ad esempio, sono stati registrati quando vengono eseguiti tre calci d’angolo di fila. Per evitarlo, si potrebbe costringere la squadra in attacco a lasciare l’area di rigore prima che il gioco possa essere ripreso di nuovo“.

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