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Quando Kobe incontrò Kobe: il giorno in cui il Black Mamba regalò l’ultimo sorriso a un bimbo malato terminale

Bryant campione dal cuore d'oro: il gesto in gran segreto è davvero da applausi, quando Kobe incontrò Kobe

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SportFair

La scomparsa di Kobe Bryant nell’incidente aereo di domenica ha devastato il mondo intero. Il campione di NBA è commemorato in ogni parte dell’universo, dopo lo schianto in elicottero nel quale ha perso la vita anche la figlia 13enne Gianna e altre 7 persone.

AP/LaPresse

Arriva dagli Stati Uniti una testimonianza speciale, che racconta il grande cuore di Kobe Bryant. Una dottoressa ha raccontato un incontro segreto tra il cestista ed un bimbo malato terminale. Un momento davvero speciale che testimonia ancora una volta la grandezza dell’ex stella NBA.

Ho una storia da raccontare. Quando io e mio marito vivevamo a Phoenix, la mia strada e quella di Tom si incrociavano nel lavoro. Un cardiologo pediatrico con il quale lavoravo mi chiese se Tom potesse procurare un qualsiasi gadget dei Lakers per un piccolo paziente terminale di 5 anni, che si chiamava Kobe, proveniva da una delle riserve dell’Arizona, dove il basket è vita.

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Chiamai Tom ai Phoenix Suns sapendo che fosse quasi impossibile. I Lakers sarebbero venuti a giocare contro i Suns quella settimana. Il giorno dopo Tom mi disse: “Lo farà!”.
Ero emozionata e immaginavo che sarei riuscita a portare una palla o qualcos’altro.
Tom mi rispose: “No, ha letto il tuo messaggio e vuole venire di persona e incontrare il bambino”. Ero scioccata!

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Il giorno successivo una limousine portò Kobe fino al mio ufficio. In una coltre di segretezza – né la security ne i PR erano stati informati (ho passato un po’ di casini per questo ma ne è valsa la pena!) – arrivammo nel reparto cardiaco di terapia intensiva. Per quasi un’ora si passarono una palla da basket, con il piccolo Kobe che rideva e la sua dolce mamma che sorrideva. Vennero consegnati diversi gadget autografati e furono scattate parecchie foto. Le macchine che lo tenevano vivo suonavano, ronzavano e squillavano e il suo dottore era felicissimo.

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Quando uscimmo Kobe mi chiese: “Posso fare qualcosa? È un problema di soldi? Posso prendermi cura io di tutto.” Purtroppo per il piccolo Kobe non c’era nulla da fare (il piccolo aveva un difetto al cuore ed era troppo malato per un trapianto). Ero scioccata dalla dolcezza e dal calore che aveva dimostrato. Il piccolo Kobe morì la settimana dopo.

Circa tre settimane dopo ricevetti una lettera dalla madre del bimbo: diceva che erano stati i momenti più felici della vita di suo figlio. Quelle foto erano le uniche foto in cui lui sorrideva. Stando a sentire i responsabili delle PR di Kobe Bryant, faceva cose del genere ovunque andasse, ma il patto era di non renderle pubbliche. Da quel giorno in poi è diventato il mio eroe, e ogni volta che qualcuno mi diceva che non apprezzava Kobe Bryant, io gli rispondevo “lasciami raccontare una storia…”. Possa la luce eterna di Dio illuminare per sempre la tua anima, Kobe.

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