Nigel Owens racconta un triste episodio del suo passato: l’arbitro di rugby tentò il suicidio poichè non accettava la sua omosessualità
Nigel Owens è uno degli arbitri più famosi della storia del rugby. Il direttore di gara gallese ha diretto 87 partite di Coppa del Mondo, fra le quali la finale del 2015, 76 test match e oltre 150 partite di Pro 14. Nel 2007, fu uno dei primi sportivi di alto livello a rendere pubblica la propria omosessualità al Wales on Sunday. Un coming out sofferto, che ha nascosto anni di grandi sofferenze.
Lo stesso Nigel Owens le ha raccontate in un’intervista shock ai microfoni di Channel 4 Sport: “a 24-25 anni ero messo davvero male. Soffrivo di depressione, ero bulimico e non riuscivo a uscire dagli steroidi. Da qualche parte lessi un articolo che diceva che con la castrazione chimica si potevano placare gli istinti sessuali. A quel punto pensai ‘ok, c’è una via di uscita. Ho una cura’, perché non volevo essere gay. Così andai dal dottore e gli dissi ‘Guarda, credo di essere gay e non voglio esserlo, quindi voglio essere castrato chimicamente‘. Lui mi rispose ‘Guarda che non funziona così‘ e io uscii dal suo studio in condizioni peggiori di come ero entrato. Dopo una settimana nera pensai che a quel punto di rimaneva soltanto una strada per uscirne. Così feci una cosa di cui mi sarei pentito per il resto della mia vita: scrissi una lettera ai miei genitori spiegando, senza indicarne i motivi, che la vita non mi interessava più e che avrei posto fine ad essa. Non mi dimenticherò mai cosa gli feci passare il giorno che lessero una cosa del genere, si tratta di qualcosa con cui farò i conti fino alla fine dei miei giorni. Mi feci di paracetamolo, presi una bottiglia di whiskey e me ne andai di casa con una pistola carica, ma ciò che doveva togliermi la vita in realtà mi salvò perché l’overdose di paracetamolo mi mandò in coma. Mamma e papà avvertirono la polizia, tutti iniziarono a cercarmi, mi trovarono e mi portarono in elicottero all’ospedale. Mi feci due o tre giorni di coma, poi mi risvegliai. Il dottore mi disse: ‘sei un ragazzo molto, molto fortunato. Un’altra mezz’ora e sarebbe stato troppo tardi per salvarti‘. Restai in ospedale qualche altro giorno e quando finirono le visite, allora venne il momento che mi salvò davvero la vita. Mia mamma venne da me e mi disse: ‘se hai intenzione di rifare ciò che hai fatto, allora la prossima volta prendi anche me e papà perché non vogliamo vivere la nostra vita senza di te‘. Se ne andò senza dire altro e io iniziai a piangere nel mio letto d’ospedale. Lì iniziai a pensare ‘ok, io sono questo. Ci sono un sacco di cose che uno può scegliere nella vita, ma la sessualità non è una di queste‘.