Sinisa Mihajlovic, il cammino del guerriero: dalla chemio alla panchina, le lacrime e quella promessa fatta al Bologna

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L’annuncio della leucemia, il ricovero in ospedale, i duri cicli di cure e il ritorno in panchina: il cammino di Sinisa Mihajlovic e la promessa di essere ancora ‘l’allenatore del Bologna’

Il 13 luglio scorso Sinisa Mihajlovic ha scioccato il mondo del calcio annunciando di avere la leucemia. Notizia inaspettata e dirompente, di quelle che lasciano quel breve spazio di attonita riflessione fra ciò che gli occhi leggono e ciò che il cervello elabora. Due giorni dopo il ricovero in ospedale e una conferma: sarà ancora l’allenatore del Bologna. Un gesto che all’epoca, seppur bellissimo, sembrava per lo più un segnale di vicinanza da parte della società, più che una vera e propria conferma.

Claudio Martinelli/LaPresse

Del resto, i tempi di recupero da un ‘infortunio’ come questo sono abbastanza lunghi. Appena 40 giorni dopo però, Sinisa Mihajlovic si è presentato in albergo dai propri giocatori, prima sorpresi nel vederlo, poi commossi nel sentirlo parlare: “vi avevo promesso che sarei stato con voi. E sono qui. Per qualcuno sono stato un pazzo a uscire dall’ospedale. Ma io volevo esserci. Io dovevo esserci”. Lo aveva promesso, ed un uomo come Sinisa Mihajlovic mantiene le promesse. Le telecamere ne hanno catturato l’immagine senza filtri: cappellino in testa, mascherina bianca a coprirne la bocca, visibilmente dimagrito ma con la stessa fierezza di sempre negli occhi, pronto a guidare la sua squadra dalla panchina nella prima uscita stagionale sul campo del Verona.

Sono stati 40 giorni duri anche per uno che viene soprannominato il ‘Sergente’, ma che in fondo, seppur dal carattere duro come l’indole serba vuole, resta pur sempre un uomo. Quaranta giorni passati su un letto di ospedale, in una stanza grande 3 metri per 3 nella quale Sinisa ha pianto e stretto i denti, sofferto in silenzio e urlato di rabbia, imprecato e rivolto una preghiera al cielo. Quanto sia stato maledettamente difficile sostenere i cicli di cure, gli antibiotici, la febbre che debilita il corpo, i chili e la forza che lasciano progressivamente il corpo, il cibo che smette di avere il buon sapore di sempre.

Claudio Martinelli/LaPresse

Ma grazie al suo carattere indomito, alla sua forza di volontà e all’amore della famiglia, sempre stretta al suo fianco in un caloroso abbraccio, Mihajlovic non ha mai smesso di lottare. Dalla sua stanza d’ospedale a volte si udivano delle urla che i medici collegavano alla sofferenza per le cure, ma che in realtà erano rimproveri ai giocatori, fatti via telefono o in videoconferenza su Skype. Dal letto di ospedale Mihajlovic nn ha mai smesso di essere l’allenatore del Bologna, di correggere, rimproverare e incoraggiare i suoi ragazzi. Nonché di partecipare, telefono alla mano e tv sempre accesa, al mercato rossoblu.

Questi i 40 giorni di Sinisa Mihajlovic, tornato in ospedale dopo la gara per riprendere le cure. Quaranta giorni di lotta, dalla chemio in ospedale alla panchina, con una promessa mantenuta e da mantenere in futuro: “sono ancora l’allenatore del Bologna“.

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