Il velocista italiano ha parlato del prossimo Tour de France, soffermandosi anche su cosa non sia andato per il verso giusto al Giro
Il Giro d’Italia è ormai alle spalle, Elia Viviani adesso non ha altro in mente che non sia il Tour de France. Il prossimo 6 luglio si parte con la prima tappa di Bruxelles, in palio ci sarà la prima maglia gialla e il velocista italiano ha tutta l’intenzione di prendersela.
Si tratterà tra l’altro di un giorno speciale, ovvero il 50° anniversario dalla prima vittoria di Eddy Merckx e i 100 anni proprio della maglia gialla. Una vittoria succulenta che Viviani non ha intenzione di farsi sfuggire: “sogno quella vittoria, quella maglia. Sarebbe una cosa super. Fantastica. La voglio” le parole di Viviani alla Gazzetta dello Sport. “Sarebbe anche il riscatto per una stagione che finora mi ha dato meno di quello che speravo e mi aspettavo. In Francia con me ci saranno di sicuro Richeze e Morkov. Probabilmente Lampaert, che può essere un altro uomo del treno e Gilbert. Poi ci sarà Alaphilippe che non punterà alla classifica, a quella ci penserà Mas. Rinnovo? Lefevere ha detto che resto. E’ stata una grandissima iniezione di fiducia. L’ho già detto, quello che mi ha fatto fare il salto, che mi ha cambiato la carriera, è stato arrivare in questa squadra. Per questo motivo non ho voglia di cambiare“.
Il pensiero poi torna sul Giro, non andato come Viviani sperava: “quando hai in mente un piano e il piano cambia, ci resti male. All’inizio l’obiettivo era quello di andare in maglia ciclamino subito e arrivare fino a Verona. Quando ho capito che quella maglia, quell’obiettivo, era impossibile, è finito il mio Giro. Infatti a Verona sono arrivati solo Ackermann e Demare, gli unici due in lotta la classifica a punti. Per me a quel punto, pur con tutta la volontà e il rispetto della corsa, finire il Giro poteva voler dire anche compromettere il resto dei programmi. Dovevo fare una scelta, perché arrivare a Verona poteva significare non correre il Tour. A livello di squadra è mancato qualcosa, lo avete visto tutti. In volate così, quando sono super, mi muovo e vinco comunque. Come quello della Vuelta dello scorso anno a Madrid, per esempio, dove sono partito dalla 20a posizione. Stavolta non ero super, non avevo quello gambe. Non andavo neanche piano, ma per vincere doveva andare tutto bene. Così non è stato. Il declassamento di Orbetello mi ha segnato, gli ho dato troppo peso. Mi sono ammazzato al pensiero. Non era la tappa in sé che mi bruciava, ma il piano che saltava, perché la ciclamino a quel punto diventava impossibile. Nella mia testa c’era già che sarei andato a casa, che il mio Giro era finito lì. Quello che ha comportato quel declassamento mi ha distrutto. Destabilizzato, ed è una mia colpa“.