La fuga al Sestrière, il dualismo con Gianni Bugno e il ricordo di Marco Pantani: Claudio Chiappucci si racconta in esclusiva ai microfoni di SportFair
“Nessuno mai rifarà ciò che ho fatto io al Sestrière“. La voce sicura, il ghigno inconfondibile di quel Diablo che, tra gli anni ’80 e ’90 ha riscritto le leggi del ciclismo.
Claudio Chiappucci è leggenda, le sue gesta parlano chiaro. Scatto, pedalata e vittoria: tutto diverso rispetto ad oggi, dove strategia e attendismo cancellano quelle emozioni che il pubblico ha bisogno di assaporare. La Milano-Sanremo nel 1991, quella eroica tappa del Tour de France del 1992: gemme incastonate in una carriera epica, azioni che dopo quasi 30 anni nessuno è riuscito a ripetere. “Dagli annali risulta che la mia è l’ultima Milano-Sanremo vinta con una fuga da lontano” le parole di Claudio Chiappucci in esclusiva a SportFair a margine del workshop intitolato ‘In fuga per la leggenda’ svoltosi a Reggio Calabria. “Parliamo del 1991 e da quel momento nessuno è riuscito a rifarlo. Per me è un motivo di orgoglio. Questa è una gara storica del ciclismo, vincerla rappresenta un fiore all’occhiello per la propria carriera e vuol dire assicurarsi un futuro. La mia impresa al Sestrière? Credo che nessuno riuscirà mai ad imitarmi, perchè sono cose che con la modernità sono andate a scomparire. L’istinto, la volontà e la voglia di fare la differenza erano fondamentali, oggi si punta solo al risultato finale. Credo sia impossibile rifare quello che ho fatto io quella volta, perchè l’ho studiato e l’ho voluto fortemente anche se sono andato oltre rispetto a quello che volevo fare. Anche per questo è diventata una tappa storica, rimasta impressa nella mente di tutti gli appassionati. In quella circostanza mi sono dedicato appieno in quel ‘progetto’ senza sapere se poi sarebbe servito per vincere”.
Le differenze tra presente e passato sono tantissime, Chiappucci lo sottolinea senza remore: “c’è stata un’evoluzione tecnologica che ha cambiato la maniera di interpretare il ciclismo. Ormai il carbonio la fa da padrone, c’è stata una miglioria su qualità, peso e su tutto quello che riguardi il mezzo meccanico che il ciclista conosce. La preparazione è diversa, ormai la stagione di un ciclista professionista è molto globalizzata. Avendo a disposizione una stagione intera di gare, c’è una programmazione dedicata ad ognuno dei propri impegni. C’è chi prepara le corse a tappa, chi le corse di un giorno. Quando correvo io la stagione era a ciclo continuo, ogni appuntamento era importante perchè la stagione non durava molto. Il ciclismo italiano adesso vive una stagione particolare, abbiamo tanti giovani, non tutti sono ad un livello tale per ripetere quanto fatto da Nibali. Ci vuole del tempo, non è facile. Lo Squalo è vicino alla fine della sua carriera ma riesce a dare ancora soddisfazioni, sa prepararsi e gestirsi. Alle sue spalle c’era e c’è Fabio Aru, da cui ci si aspettava tanto. E’ un annetto che ha delle difficoltà, credo che questo sia un anno importante per lui per capire se abbia le caratteristiche per emergere in tutte le competizioni e non solo nelle corse a tappe. Uno come lui è salito alla ribalta come gregario di Nibali, è riuscito ad emergere ma in questo momento è in difficoltà“.
Una carriera sempre al massimo, con Gianni Bugno come rivale principale. Battaglie epiche e colpi proibiti, da cui è nata una sorprendente amicizia: “con Bugno abbiamo avuto un dualismo incredibile – conclude Chiappucci – ma dopo la nostra carriera siamo diventati amici. Incredibile questo cambiamento, non avrei mai pensato che potesse succedere. A volte scopri che tutto ciò che è successo in competizione è stato un caso a parte, quello che siamo oggi è completamente diverso”.