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Ciclismo, Nibali raccontato dalla moglie Rachele: “mesi duri, sistemava pc e sostituiva prese. Ecco come l’ho risollevato”

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La moglie di Vincenzo Nibali ha raccontato i duri mesi trascorsi dopo la caduta al Tour de France, svelando la determinazione dello Squalo dello Stretto

Il Tour de France, la caduta e l’infortunio. Mesi terribili prima di risalire in sella alla propria bicicletta per vivere da protagonista la fine della stagione, con il secondo posto al Lombardia che restituisce un Nibali nuovo di zecca.

AFP/LaPresse

Sono stati mesi duri, in cui la moglie Rachele ha dovuto dar fondo a tutte le proprie qualità per tirare su il morale di Vincenzo, affranto dopo l’episodio accaduto nel corso della Grande Boucle. “Il primo mese e mezzo è stato durissimo – le parole della moglie di Nibali alla Gazzetta dello Sportsiamo rimasti chiusi dentro casa, uscivo solo io a fare la spesa. Quando siamo andati dal neurochirurgo si ragionava di 15 giorni di recupero. Il dottore ci ha detto ‘il recupero normale è di tre mesi’. Non eravamo preparati, per cinque minuti non ha parlato nessuno di noi due. Il dottore se n’è accorto e allora ha precisato ‘una persona normale, non uno sportivo come lei’. E da quel momento Vincenzo è stato in lotta con il tempo. Ha rincorso il tempo ogni momento. Ogni ora una cosa diversa, sperimentava un esercizio nuovo e migliorava di giorno in giorno“.

Gian Mattia D’Alberto/LaPresse

Giorni duri, poi il sorriso dopo le prime pedalata: “quando è risalito sul cicloergometro è cambiato tutto, ha sentito il rumore dei pedali, ha visto le ruote che giravano, ha ripreso confidenza. Cercava il limite fisico perché non aveva risposte. E poi quando ha potuto risalire in bici su strada, dopo una settimana e mezza, è tornato lui. La bici è di famiglia. Quando io l’ho conosciuto, non sapevo nemmeno che cosa fosse la bici. Lui non la mollerà mai, neppure quando smetterà di correre. E’ l’unico sfogo fisico e mentale che ha. Questi mesi l’hanno reso più riflessivo e meno impetuoso, meno impulsivo. Ha aggredito il problema immediatamente. Riconoscevo che non era lui dal silenzio. Il suo silenzio parla. Se è sereno, Vincenzo scherza e gioca. Invece faceva colazione, e pensava, con qualche sbuffetto. E la sera non dormiva facilmente. Si svegliava e pensava anche di notte. Non lo assecondo mai, altrimenti farei il suo male. Era un leone in gabbia“.

Riabilitazione ma non solo, anche lavoretti di casa così per ammazzare il tempo: “quando era obbligato a restare seduto, ha messo a posto i computer, tutti gli album con le fotografie di Emma, ha fatto manutenzione. Qualche presa cambiata al phon, lavoretti di casa. Ma la vera svolta è arrivata dalla nostra famiglia allargata. Con noi viveva anche Michele Pallini (fisioterapista di fiducia) con la famiglia. Ha due bambini e con Emma sapete che caos. E’ stato un bene, perché Vincenzo si distraeva. E dopo mezz’ora di esercizi, portava tutti in piscina, e si divertiva con loro con le pistole d’acqua, spruzzava tutti. Abbiamo deviato l’attenzione dal problema. L’unica delusione che non sono riuscito a riempire è stata l’Olimpiade, la caduta a Rio. I suoi hobby? Vincenzo ha una collezione di macchine radiocomandate a motore. Le prende, le smonta, le porta fuori lontano da casa, in un prato isolato, a farle girare, perché fanno casino. E’ uno spirito libero, come Emma: pensi che le ha insegnato a lavare la bici, a mettere l’olio sulla catena. E poi li trovavo a giocare insieme a Monopoli. Ah, sa qual è l’ultima passione? Giocare con Emma alla Nintendo: attaccano Supermario e via. Adesso andremo in vacanza a Zanzibar, avevo prenotato a maggio: se no, non si stacca mai“.

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