L’Italia dell’atletica non brilla agli Europei 2018, i risultati deludenti degli azzurri commentati dal saltatore Gianmarco Tamberi
Un bilancio disastroso quello dell’Italia agli Europei di atletica 2018. All’Olympiastadion di Berlino gli azzurri non hanno brillato e la Nazionale italiana ha raccolto meno di quello che si poteva aspettare. Con un oro, un argento e quattro bronzi nel medagliere, il bottino azzurro fa classificare l’Italia solo diciassettesima nella classifica generale, mettendo in mostra i deficit dell’atletica nella nostra penisola. Se infatti sport come il nuoto, i tuffi ed il ciclismo hanno brillato nella rassegna europea multisport, l’atletica non ha fatto lo stesso. A parlare del risultato deludente di Berlino 2018, Gianmarco Tamberi.
Il saltatore azzurro alla Gazzetta dello Sport ha rivelato: “non fatemi fare la parte di chi si erge a maestro. Non è un ruolo che mi appartiene. Non mi compete. Resta che nel gruppo c’è un sacco di potenziale, ci sono valori chiari e tanti giovani in crescita. Occorrono però soluzioni per non ritrovarci con magri bottini. Posso raccontare come vivo io certi momenti e come mi comporto per non sbagliare quando conta“. Andando nello specifico, l’azzurro commenta l’Europeo di Tortu: “la stagione di Pippo è stata importante per tutto il movimento, basti pensare al seguito mediatico riscosso. L’amaro in bocca per il 5° posto sui 100 va interpretato come un passaggio per la sua crescita. Il livello della gara è stato altissimo e finire un anno così con una piccola delusione lo farà tornare in pista con ancor maggior fame”.
Secondo Tamberi serve fame e zero alibi per arrivare a risultati migliori. “Prima, piccole premesse: al grande appuntamento si arriva al top della condizione, se no il discorso cade. – dice l’azzurro – Non si può esserlo in anticipo, con l’obiettivo della convocazione. Poi le motivazioni: nessuno sta in Nazionale senza averne di altissime. Infine, basta alibi. Età ed esperienza non contano. Guardate Duplantis: ha vinto una gara di asta pazzesca, saltando 6.05 a 18 anni, battendo un rivale a sua volta oltre i 6.00 e un certo Lavillenie, pur spintosi a 5.95. C’è poi Jakob Ingebrigtsen con la doppietta 1500-5000 a 17 anni. Quando ne avevo 20 mi dicevano “sei giovane, devi aver pazienza”. Intanto Kirani James, mio coetaneo, vinceva l’oro olimpico dei 400″.
Quindi Tamberi si lancia della descrizione delle sue regole per essere al meglio della condizione al momento giusto: “accettare l’ansia pre-grande gara. Va riconosciuta, non negata. Anzi, va comunicata. Alla vigilia serve a poco dire “sono carico”. Se ti prepari un anno intero, aver “paura” è normale. Se la gestisci, sai domarla. Se no può prendere il sopravvento. Aver voglia di stupire e non il timore di deludere, di fallire. E’ cosa molto mia: se si pensa che valgo 2.30, io punto a 2.33. Spesso finisco deluso, ma avendo dato più del 100%. So che per il 95% di noi è così, ma puntualizziamo. Le proprie abitudini di vita, nella settimana pre appuntamento clou o a un raduno, non vanno sconvolte. Per esempio, sonno e dieta. Katerina Stefanidi, la saltatrice con l’asta greca campionessa di tutto, dorme dalle 3-4 di notte alle 12-13. Fa colazione e pranzo insieme. Idem con l’alimentazione: io, da 4 anni, seguo con rigore un mio schema, ma è proprio sotto gara che, per liberare la testa, mi concedo piccoli strappi. Gestire le emozioni. Senza farsi prendere da quel che ti circonda. Ognuno a modo suo: ho corso i 10.000 insieme a Crippa, soffrendo con lui. Poi ho capito che per me sarebbe stato meglio rimanere più distaccato. E allora mi sono isolato. Per evitare di venir consumato, spolpato. Essere pronti agli imprevisti. Non credere che la gara sarà perfetta, soprattutto quando stai bene. Mi spiace da morire quel che è successo ad Elena Vallortigara e la cito solo per l’ammirazione che ho per lei. Ma credo che, dopo otto anni di assenza dalla Nazionale, sia rimasta scottata proprio dalla mancanza di un vissuto. Sarebbe successo a molti”.