Giro d’Italia – Vegni dalla parte di Froome e del Team Sky: “mai pagato Chris, ma alla sua squadra va un rimborso maggiore degli altri”

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Mauro Vegni, direttore della 101ª edizione del Giro d’Italia, alla vigilia della partenza della corsa rosa parla del caso Froome

Mauro Vegni, alla vigilia della partenza della 101ª edizione del Giro d’Italia, parla di uno dei temi più ‘caldi’ dell’evento sportivo al via. Il direttore della corsa rosa chiarisce il ‘caso Froome’ ai microfoni della ‘rosea’. Il keniano bianco, pur essendo stato trovato positivo ad un controllo antidoping, sarà presente alla competizione in quanto il suo caso non è stato ancora risolto dalla procura anti-doping. Vegni si dichiara totalmente favorevole alla partecipazione di Froome al Giro d’Italia. Il direttore della corsa ammette: “mi auguro che Chris sia alla partenza per fare un grande Giro, le cose potranno cambiare, ma la sua volontà è quella di venire qui per avere la possibilità di vincere più Grandi Giri di continuo. Se dovesse succedere qualcosa tradirebbe un po’ quello che è stato il mio pensiero e della mia azienda. Non accetteremmo mai un secondo caso Contador. Chiunque dei corridori vincerà il Giro rimarrà il vincitore. Anche lui si è dimostrato favorevole all’idea, i tempi saranno ancora lunghi non dovrò quindi trovarmi in situazioni difficili durante il Giro”.

Giro d'Italia 2018
Gian Mattia D’Alberto/LaPresse

Sulla polemiche che avrebbero voluto un ingaggio monetario particolare per Chris Froome per la sua partecipazione al Giro, poi Vegni ha ribadito: “mai trattato con corridori, mai dato soldi direttamente ai corridori. Io ho un rapporto con le squadre, se la domanda è ‘se la squadra di Sky ha avuto un trattamento migliore’ rispondo che è normale, ma non è solo la squadra di Sky, ma le squadre che onorano al meglio il Giro d’Italia. Tutte queste hanno un rimborso spese maggiore rispetto a quelle cha magari sono costrette a fare il Giro, ma la loro testa è ad altre manifestazioni”.

Tornando infine sul tema doping Mauro Vegni ha poi chiosato: “il problema è che la gente, quella che giudica questo sport, non ha la consapevolezza dei numeri. Non c’è capacità di comunicare questo. Capita qualche atleta positivo, ma bisogna vedere la percentuale trovata rispetto al numero di controlli. Se tu trovi nell’arco di un anno in una Federazione due atleti dopati su quattro è il 50%, se ne trovi uno su tredici mila è una percentuale bassissima. Questa comunicazione però è sempre poco comunicata”. 

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