Nibali e il Team Bahrain-Merida, il bilancio dopo il primo anno di attività è straordinario: lo Squalo vince con gioia e il progetto del principe Nasser bin Hamad Al Khalifa è già decollato
E’ passato un anno abbondante da quando quel pezzo di campione qual è Vincenzo Nibali, alias Squalo dello Stretto, ha deciso di cambiare aria. Senza rancore, perché con l’Astana erano stati 4 anni straordinari. Ma il team kazako, allo Squalo, iniziava a stare stretto. Dopo aver vinto tutto quello che c’era da vincere, Nibali voleva la serenità per correre con gioia, in un ambiente familiare, potendo decidere cosa fare e programmando personalmente le proprie stagioni senza dover sottostare alle logiche degli sponsor. Nel pieno rispetto dei ruoli di una squadra, Nibali non è uno qualsiasi e riteneva di avere tutto il diritto per pretendere maggiore autonomia. All’Astana non era possibile, e lo Squalo ha intercettato la voglia del principe Nasser bin Hamad Al Khalifa di investire nel ciclismo.
Ma torniamo al nostro Squalo e alla sua scommessa con il principe Nasser. “Sta facendo una cazzata, come fa a mollare un team forte come l’Astana per il nulla?” si chiedevano i soliti sapientoni che un anno fa, di questi tempi, alimentavano lo scetticismo. “Ma questa Bahrain-Merida alla fine neanche si farà…” dicevano.
Quante fesserie! Eccoci qua, un anno dopo, con la Bahrain-Merida che non solo è riuscita subito ad inserirsi dalla prima stagione nel circuito World Tour, ma ha anche raccolto risultati ben superiori rispetto alle aspettative e ben superiori rispetto a quanto qualsiasi club del ciclismo abbia mai fatto al primo anno di vita. Neanche il Team Sky era andato così bene alla prima stagione, pur con budget ben più significativi.
Nibali, innanzitutto. Per lo Squalo è stata una stagione bellissima. La nuova squadra costruita intorno al campione messinese ha ovviamente richiesto un periodo di rodaggio, ed è stata dura ripartire ad inizio stagione dopo la brutta caduta di Rio de Janeiro a pochi chilometri dal sogno dell’oro olimpico. Molto dura, per Nibali, ferito nel corpo ma anche nell’anima di guerriero che viene dal Sud e comunque decide di non mollare. Supera la batosta, mesi di riabilitazione dopo l’intervento e ricomincia a 32 anni con la fame di un ragazzino. Le ambizioni dello Squalo coincidono con quelle della squadra: lui vuole dare conferme, il team si vuole affermare. Lui corre senza pressioni, perché ha già vinto tutto e non deve dimostrare nulla a nessuno (nonostante il ronzio dei mentecatti che inspiegabilmente lo mettono da anni in discussione).
E’ stato un anno bellissimo per lo Squalo, tra i migliori di sempre se consideriamo la continuità nella presenza delle corse in tutto l’arco della stagione e il protagonismo nelle stesse. Ma soprattutto, a prescindere dai risultati, è stato l’anno in cui Nibali ha ritrovato quella gioia che all’Astana stava un po’ venendo meno.
Adesso abbiamo un Nibali sereno, libero mentalmente, molto più forte psicologicamente perché felice. L’abbiamo visto esultare con la pinna dello Squalo, l’abbiamo visto aizzare la folla dopo lo show del Lombardia. Consapevole di essere una leggenda, lo Squalo finalmente s’è lasciato andare. Le critiche, ingenerose, che inspiegabilmente continua a ricevere, non lo scalfiscono neanche più. Fino a un anno fa lo infastidivano, adesso niente. Chi lo critica parla al vento. L’assurdità di chi sostiene che abbia vinto molte corse soltanto per la fortuna, dimentica che se fosse stato un pizzico più fortunato – lo Squalo – oggi sarebbe Campione Olimpico in carica per la vittoria della medaglia d’oro di Rio de Janeiro sfumata per la caduta a pochi chilometri dal traguardo delle Olimpiadi del Brasile nel 2016, e avrebbe già vinto un Mondiale nel 2013 a Firenze. Ci riproverà ancora, nel 2018 a Innsbruck per il Mondiale e nel 2020 a Tokyo per l’Olimpiade. I percorsi sono entrambi adatti alle sue caratteristiche (seppur per Tokyo abbiamo a disposizione soltanto alcune indiscrezioni), e l’Italia dello sport tifa per lo Squalo, coccolandosi uno dei campioni più forti di sempre sulle due ruote.
Ma il 2017 è stato un anno bellissimo non solo per Nibali: tutta la Bahrain-Merida può ritenersi soddisfatta per una stagione ad altissimo livello. Al Giro e alla Vuelta, intorno a Nibali, la squadra c’è sempre stata senza timore reverenziale nel guidare il gruppo con autorevolezza. Dietro il Team Sky, nei grandi giri nessuno ha corso bene come la squadra di Nibali. Che ha tentato anche altre vittorie di tappa, oltre quelle dello Squalo, sfiorandole con Visconti (2° a Peschici al Giro, terzo a Santo Toribio de Liébana alla Vuelta) e con il giovane talento spagnolo Iván García Cortina, 3° sempre alla Vuelta nell’arrivo di Gijón. Tra le gare importanti sono arrivate anche le vittorie del Giro dell’Emilia con la bellissima azione di Visconti e una grande strategia di squadra (Nibali 2° per una storica doppietta sul podio), l’8ªa tappa del Tour del Giappone con Jon Ander Insausti e i tre successi di Sonny Colbrelli che ha vinto la Coppa Bernocchi, la Freccia del Brabante e la 2ª tappa della Parigi-Nizza, oltre a scoprire il Tour de France per la prima volta in carriera ottenendo tanti piazzamenti e un buon 5° posto nella prestigiosa classifica generale finale della maglia verde. Gli sfortunati guai fisici di Navardauskas, Haussler e Jon Izagirre hanno impedito alla squadra di incrementare ulteriormente il bottino di trionfi, già considerevole, e non si può rimanere indifferenti rispetto ai tantissimi giovani che hanno brillato lasciando immaginare un futuro straordinario. Tra questi anche Antonio Nibali, il “fratellino” dello Squalo.
E per l’anno prossimo sono già arrivati 4 innesti importanti come Matej Mohoric, Kristijan Koren, Domenico Pozzovivo e Gorka Izagirre: tutti strategici per fare bene e brillare con uno squadrone a supporto dello Squalo al Tour de France (e non solo) nel 2018, sulle orme dello straordinario Pellizotti di questo 2017.
E menomale che Nibali aveva fatto una “cazzata”…