Intervistato in esclusiva dalla rivista Rolling Stones, Lewis Hamilton ha raccontato di essere stato vittima di bullismo all’età di quattro anni
Tutta la propria vita in pochi minuti, raccontata con la maturità acquisita nel corso di una vita difficile e piena di ostacoli.
Ne ha passate tante Lewis Hamilton prima di diventare il pilota vincente che è adesso, dai sacrifici del padre fino al bullismo subito da piccolino, una vicenda terribile che il piccolo Lewis ha superato alla grande. Adesso lotta non solo per il titolo mondiale, ma anche per altro, provando a cambiare una Formula 1 che esclude i più umili. Un mondo complicato in cui Hamilton è entrato grazie al padre: “se non fosse per lui non sarei qui – racconta Hamilton nel corso di un’intervista rilasciata alla rivista Rolling Stones in uscita il prossimo 4 maggio – ha fatto di tutto per la mia carriera: era impiegato in una ditta di distributori automatici di bevande e finito il turno correva a fare un altro lavoro. Ne ha fatti pure quattro contemporaneamente, per questo ogni volta che mi siedo al volante sono cosciente di quello che ha fatto per me.
Poi in 24 anni non ho mai incontrato un altro pilota nero. Solo adesso comincio a vedere bambini di razze diverse che corrono in auto ed è un cambiamento importante. La vittoria non è un’ossessione, conta il percorso fatto. La vittoria è una sensazione che non invecchia mai, è sempre come la prima volta. Ogni vittoria è unica: quel giorno magari hai dovuto fare qualcosa di diverso per ottenerla. Sono abituato a non arrendermi mai, anche per quello che mi è accaduto. A 4 o 5 anni ho subito il bullismo dei compagni di scuola e a 6 anni ho chiesto a papà di fare karate. Poi ho fatto boxe e un giorno, nonostante il naso rotto, ho battuto uno più grande e forte di me. Senza arrendermi: mi ha spinto mio padre a non mollare e andare avanti nel combattimento sul ring“.
Il bullismo è un argomento importante per Hamilton: “continua a esserci in tutto il mondo: è una cosa terribile, un comportamento da codardi, chi lo subisce deve chiedere aiuto e la gente che assiste deve intervenire. Credo che i professori debbano aiutare i ragazzi nelle scuole, ma spesso anche parlando ai bulli loro continuano. Da ragazzo uscivo da scuola il giovedì e correvo in macchina dal venerdì alla domenica: mi sono perso parte della vita scolastica e delle relazioni con i miei coetanei e anche ora passo molto tempo a telefono per restare in contatto con i miei amici. In compenso ho un bellissimo lavoro e faccio cose incredibili anche se oggi la F.1 è praticamente preclusa a uno di umili origini come me: girano troppi soldi, è tutto molto costoso. Servono provvedimenti per invertire la rotta: io ci proverò“.
Una vita sempre al massimo quella di Hamilton, scandita anche da numerosi pettegolezzi: “a inizio carriera me ne preoccupavo, ma ora non ci faccio più caso: non leggo quello che si dice di me e mi concentro ad allenarmi ed essere positivo. L’unica pressione che ho è quella che deriva dalle mie aspettative, niente ha il potere di condizionarmi: sono io che ho il controllo della situazione. Io non sono uno che corre solo in macchina, ho tante cose fuori dalla monoposto: io sto creando un marchio. Mi piace la musica, che ascolto ogni giorno: è un ottimo modo per non sentire il casino che ho attorno, Poi amo la mountain bike, gli sport acquatici e la moda, mondo che mi piace molto. I miei artisti preferiti? Bob Marley, Prince, Tupac, Jay-Z, Whitney Houston, James Brown, Marvin Gaye e Michael Jackson, con la cui musica sono cresciuto. Sono personaggi unici: alcuni non ci sono più, ma la loro musica non ci lascerà mai“. Infine, una battuta su Nico Rosberg: “eravamo compagni di squadra, abbiamo lavorato insieme per alcuni anni e ora lui si è ritirato. Gli auguro il meglio. L’anno scorso ho perso il titolo, ma l’ho superato come numero di vittorie. Ero fiero perché non mi sono arreso fino alla fine: il mio credo fin da bambino“.