La storia dei due isolani, Vincenzo e Fabio, una storia di amicizia e tanto ciclismo
Era una calda giornata dell’estate 2015. Mi trovavo in una località marina, su un tavolino di un lido vi era la Gazzetta dello Sport con la scritta: “Nibali & Aru, la Vuelta buona“. Il Siciliano (nella corsa spagnola) si sarebbe preso il suo spazio ma, se vi fosse stata l’opportunità, avrebbe lavorato per il suo compagno.
I due si ritrovarono insieme alla Grande Boucle 2016; i gradi di capitano li aveva il sardo ma, di sicuro, se vi fosse stata l’occasione lo Squalo avrebbe attaccato senza problemi. Tra i due non c’era una grande amicizia, ma tanto rispetto. Mi ricordo benissimo una rivista dove vi era la foto di Nibali e Aru che si guardavano; sotto c’era scritto ” TI AIUTO SOLO SE…“. Come al solito il re del Tour fu, anche quell’anno, il britannico Froome che si portò a casa la sua terza vittoria nella corsa francese.
Ora i due italiani pensavano soltanto alle Olimpiadi. I giornali dicevano “Nibali-Aru, la strana coppia a caccia dell’oro eterno”. Aru, Caruso, De Marchi e Rosa erano pronti per aiutare lo Squalo a regalare un oro all’Italia. Io, come tutto il mondo, il giorno della prova in linea maschile, ero incollata davanti la televisione. La gara proseguiva, la nostra nazionale era pazzesca. Aru svolgeva il suo compito di gregario al meglio, si era notevolmente ripreso dal Tour.
Inoltre, questa meravigliosa sfida che si ha ogni quattro anni, è servita anche ad altro. Infatti, grazie a Davide Cassani (Commissario Tecnico della Nazionale di Ciclismo) i due isolani, che inizialmente avevano soltanto rispetto reciproco, nutrono tra loro molto affetto e una bella amicizia.
Sarà meraviglioso vederli per la prima volta in squadre diverse, sfidandosi in cerca di una vittoria.