Lettera (con un consiglio) ad Andrea Ranocchia

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Ranocchia ha dichiarato che per superare le critiche riceve da tre mesi un sostegno psicologico: noi sulla vicenda la pensiamo così

LaPresse/Reuters
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Lettera a Ranocchia – Non è detto che tu debba giocare a calcio per sempre. Non è detto che se il pubblico ti fischia da sempre tu debba persistere nel condannarlo alla tua presenza. Non è detto che se ti metti a seguire i consigli di uno psicologo e ti metti a fare “boxe” poi diventi un bravo calciatore. Perché l’essenza del tutto è proprio questa, caro Andrea: tu, probabilmente, anzi quasi certamente, non sei portato per il gioco del calcio, perlomeno a livelli come la serie A del campionato italiano. E non c’è nulla di male. Non è che tutti nascono “tagliati” per la serie A. E meno male! Non è che tutti nascono campioni. E meno male! Non è che tutti nascono per essere “capitani”. E meno male! Tutti i ragazzini d’Italia, quando tirano calci a un pallone, su di un qualunque campo di periferia, sognano di diventare un giorno calciatori professionisti, strapagati, di giocare in una squadra importante, e magari di diventare addirittura i capitani di tale squadra.

LaPresse/Pennacchio Emanuele
LaPresse/Pennacchio Emanuele

Lettera a Ranocchia – Bene, caro Andrea, tu sei riuscito a diventare tutto ciò. La realtà, però, ti ha dimostrato che non sei adatto, che non sei capace, che non ce la fai. Quindi, con estremo rispetto, molla il colpo. Lascia stare psicologi e guantoni. Nel mondo, oltre al calciatore, ci sono tante altre professioni da poter praticare. Sei giovane, hai tutta la vita davanti. Non insistere oltremodo. Non serve. Anzi, è controproducente. Per te. E, soprattutto, per quelli che pagano un salato biglietto d’ingresso allo stadio e non vogliono mettere a rischio le loro coronarie con i tuoi “movimenti difensivi”. Stop.

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