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Damian de Allende, la giovane antilope del rugby sudafricano

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Damian de Allende il birichino pronto a combattere sul campo per i Bok

Essere importanti è buono, ma è più importante essere buoni. Scusandoci per la traduzione, sicuramente approssimativa, ma che rende il senso, apriamo il nostro scritto con questa frase citata da Damian de Allende alla fine di una sua intervista.

LaPresse/PA

E non a caso. Damian de Allende, cinque anni fa, era uno di quei ragazzi che andava male a scuola e che era considerato, dai suoi compagni di classe, un vero e proprio “birichino”. Oggi, Damian, è una delle più interessanti promesse della nazionale sudafricana di rugby. Pur giocando alla palla ovale in un paese come il Giappone. Già, strano vero? Un “teppistello” nato a CapeTown (esattamente a Milnerton, piccolo sobborgo della capitale) che gioca a rugby in Giappone e che sta diventando uno dei pilastri della nazionale di rugby fra le più famose al mondo (tanto che Clint Eastwood, sulla vittoria degli Springbok alla Coppa del Mondo del 1995 ci fece addirittura un epico film a riguardo: Invictus).

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Sembra una favola dai toni surreali: rugby, Giappone, bambini. Invece è realtà. Damian de Allende, uno che ama e crede nel proprio paese di origine, è pronto a combattere sul campo per i Bok. E i Bok sono pronti a portare in giro per il mondo valori come amicizia, lealtà, sportività. E noi siamo pronti per condividere campo e valori con Damian de Allende e i suoi Springbok.

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