La noia mortale dello sport: sempre le stesse cose, viste e riviste
Si pensa sempre allo sport come a una scintilla scatenante di emozioni vitali, che diventano poi, nel corso della vita di un essere umano, passioni sempiterne. Si è soliti pensare così. Ma non è sempre così. O, perlomeno, basterebbe girare la medaglia per osservarne, obiettivamente, l’altra faccia, e per vedere così prospettarsi una diversa verità. Una verità che afferma questo: lo sport è una noia mortale! Perché? Lo dimostriamo subito. Un Gran Premio di automobilismo significa per un pilota percorrere lo stesso giro una settantina di volte circa: sempre lo stesso giro, sempre le stesse curve, sempre la solita solfa. A questi 70 e passa giri aggiungete i giri inanellati per prove libere, prove ufficiali e qualifiche, e vi renderete conto che un pilota, e i tifosi di conseguenza, vivono e rivivono sempre la stessa cosa per 100 e passa giri. Come vedere lo stesso film, di seguito, per 100 volte. Chi mai lo farebbe?
La stessa cosa vale per le gare di motociclismo, pari pari. Lo stesso circuito. Per infinite volte. Sempre uguale. Come un criceto che gira sulla sua ruota. Noia mortale. O lucida follia. Spostandosi di sport, la storia non cambia. Il nuoto, con le mille vasche percorse in solitudine e silenzio; il calcio con i suoi 90 minuti fissi e quegli 11 + 11 a giocare con un pallone seguendo regole antiche e trapassate; il tennis nel rettangolo con rete divisoria, botta, risposta, punto.
Lo sport: emozione o noia?
La verità, a volte, fa male, si sa.