Beach volley, quanta tristezza per la Orsi Toth: “non riesco ad avvicinarmi più ad un campo”

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Dopo la positività al clostebol che gli ha fatto saltare le Olimpiadi, Vitoria Orsi Toth esprime tutta la sua tristezza

Un’Olimpiade sfumata a ridosso della cerimonia d’apertura, una positività tanto sorprendente quando dolorosa che ha cambiato completamente le prospettive future. Da quel maledetto 2 agosto la vita di Viktoria Orsi Toth è cambiata, niente più beach volley, niente più adrenalina ma, soprattutto, niente più Rio 2016. La positività al clostebol, un anabolizzante, ha gettato nello sconforto l’atleta azzurra, ancora incapace di trovare una spiegazione a tutto questo.
Claudio Bernardi/Lapresse
Claudio Bernardi/Lapresse

Non ho parlato in queste settimane perché non ero in grado di intendere e di volere — spiega l’azzurra del beach volley ai microfoni della Gazzetta dello Sport — ho solo cercato di capire che cosa potesse essere successo. Nel mese precedente a Rio sono stata sottoposta a 4 controlli, nell’ultimo sono risultata positiva al clostebol, sostanza che nemmeno conoscevo quando sono venuti quelli del Coni a comunicarmelo. All’inizio mi avevano detto che la quantità era tantissima, poi in realtà i test di laboratorio hanno rilevato che la quantità era minima, infinitesimale. Vuol dire che in qualche modo ne sono venuta a contatto. Per prima cosa ho pensato all’acqua. Ma io ho la mia bottiglietta e il mio asciugamano, sempre in un angolo del campo o della palestra. Poi ho pensato alle creme: io metto a mala pena quella idratante, allora ho mandato ad analizzare tutto il contenuto del mio beauty, ma niente. Poi sono passata agli integratori, gli Ethic sport che prende tutta la squadra, le analisi hanno escluso contaminazioni. Infine al cibo, sono stata nello stesso posto dove vado di solito a mangiare la carne, ho ordinato lo stesso piatto, l’ho preso e portato in laboratorio: negativo. 

LaPresse/Claudio Bernardi

Il 1° agosto ero la persona più felice del mondo, ero a giocarmi l’Olimpiade. I Giochi sono il motivo per cui ho lasciato la pallavolo per il beach, a 20 anni, perché pensavo di avere più probabilità di qualificarmi. Ho sempre pensato che, se non ti dopi, un esame antidoping lo superi. Invece non è così. Non sarò più la stessa. Ora non so nemmeno se riuscirò a giocare di nuovo, non almeno con il cuore, la passione, l’energia di prima. Non ce l’ho fatta ancora a tornare sul campo da beach, ho questo senso di ingiustizia che mi impedisce di avvicinarmi. Forse piano piano ce la farò”.

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