Olimpiadi, storie italiane: Raimondo d’Inzeo e il grande trionfo di Roma 1960
Raimondo è alto, snello, teso, asciutto, nervoso, essenziale. Raimondo ha il volto pallido di chi sa che l’esistenza non è tutta rosa&fiori. Raimondo ha il volto percorso da sottili lineamenti di tristezza. Raimondo è affilato, scavato, smunto; gli occhi scuri, profondi, sommersi. Raimondo è D’Inzeo. Raimondo è il cavallo. Raimondo è l’equitazione. Raimondo D’Inzeo, l’eleganza nell’ippica che conta, è considerato, unanimemente, il più grande cavaliere di tutti i tempi. Raimondo D’Inzeo fu il cavaliere che rappresentò l’Italia per 8 edizioni consecutive delle Olimpiadi, dal 1948 al 1976, vincendo l’oro in quella che gli stava più a cuore, quella di Roma del 1960, montando il suo cavallo Posillipo. Raimondo, col suo stile molto “british”, il suo portamento marziale, il suo amore per i cavalli e la sua innata dolcezza, è icona di un’Italia e di uno sport e di un mondo che fu, è memoria di un’Italia dimenticata, è ricordo indelebile di una storia sportiva che non tornerà mai più. Raimondo D’Inzeo vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma, e questo successo nessuno glielo potrà mai togliere.
Nemmeno la frenesia o la velocità di questi tempi, spesi sempre a rincorrere chissà cosa. Le cronache delle sue imprese le registrava il mitico Alberto Giubilo, che usava per il cavallerizzo Raimondo parole come queste: “…eccolo alla doppia gabbia…la salta…Raimondo è veramente superbo…” Quando chiesero a Raimondo di raccontare un aneddoto legato alla sua vittoria nel corso dell’Olimpiade del 1960, lui rispose pressappoco così: “…fra il primo e il secondo percorso della gara c’erano circa due ore di intervallo. Io ne approfittai per andare un attimo a casa, e per mangiarmi una bella bistecca. L’emozione che avevo appena vissuto in gara durante il primo percorso, però, fece il suo effetto. E un po’ per la digestione della bistecca e un po’ per lo scarico della tensione, finì che mi addormentai, serenamente, fra le mura domestiche.
Per fortuna che qualcuno mi svegliò, pochissimi minuti prima che la gara ricominciasse. Io, trafelato e appena risvegliato, presi la macchina e guidai velocissimo verso il campo di gara. Riuscii ad arrivare in tempo. Gareggiai. E vinsi la medaglia d’oro. Vinsi l’Olimpiade!”
Già, questo era lo sport.
Dietro di lui, sul gradino appena più basso del podio, d’argento colorato, stava il fratello di Raimondo, Piero, che a detta del babbo D’Inzeo era quello, fra i due, dotato di maggior stile e classe.
Ma la medaglia d’oro, e l’Olimpiade con essa, la vinse il cavaliere Raimondo D’Inzeo.
Nel 1960.
A Roma.