L’ex stella juventina Boniek, oggi presidente della Federcalcio polacca, risponde piccato alle accuse di razzismo
Stasera all’Inea Stadium di Poznan, la Fiorentina scenderà in campo per una partita di Europa League da dentro o fuori e lo farà in uno stadio caldissimo: sono previsti quarantamila spettatori, ben oltre la media delle partite di campionato che si ferma a sedicimila. L’Uefa ha tolto la squalifica di due anni inflitta per cori razzisti durante la partita con il Basilea: in quell’occasione si assistette a un episodio deprecabile, l’ennesimo e solo ultimo atto di atteggiamenti razzisti, antisemiti, omofobi che prendono soprattutto di mira i profughi che cercano riparo proprio in Polonia.
Due anni fa i tifosi del Lech cantarono ai rivali del Widzew Lodz il coro “ebrei, andatevene, la vostra casa è ad Auschwitz, vi mandiamo alla camera a gas”, ma il giudice, in maniera sorprendente, disse che i canti non erano antisemiti perché non c’erano in tribuna i classici ebrei con i boccoli, la barba e vestiti di nero. Una situazione paradossale. L’Uefa di par suo ha cercato di fare il possibile, premiando gli sforzi fatti dal Lech Poznan che, in occasione della partita casalinga con il Belenses, annunciò di voler destinare un euro di ogni singolo biglietto venduto a sostegno dei profughi, vero motivo di scontri sociali fra i giovani che vedono aumentare malcontento ed episodi di violenza: il risultato fu uno stadio vuoto e disertato.
Eppure c’è qualcuno che non vede il problema e che anzi, in modo del tutto sorprendente rispetto alla carica che ricopre, rilancia con dichiarazioni poco consone: Zibi Boniek, ex giocatore di Juve e Roma, dal 2012 è presidente della Federcalcio polacca e raggiunto telefonicamente ha detto la sua.
“Prevedo una bella partita, equilibrata. Bello stadio, bellissimo campo e poi, finalmente, con tanti tifosi. La verità è che chiudono gli stadi in modo facile, basta che uno dica qualcosa e tutto viene squalificato” – glissando sui presunti cori razzisti ma non negando – “è chiaro che questi messaggi non ci devono essere, ma se i polacchi la pensano così…”.
Ci si aspettava una posizione più distaccata e morigerata, invece Boniek continua: “Non è una cosa normale che arrivino i profughi. Si dice che sono profughi di guerra, però sanno come trasferirsi… è una cosa difficile. Vorrei aiutarli, ma la gioventù polacca è scettica. Se raccogli un milione di profughi vuol dire che ne accogli tre, non si risolve il problema. Si aiutano lì, a lasciarli a casa loro. Non facciamo dei tifosi polacchi dei razzisti. Da noi c’è questa corrente… E’ vero che noi stiamo percorrendo questa strada di far giocare in nazionale solo quelli nati in Polonia, non vogliamo scorciatoie come fate voi che avete tesserato Eder, avete giocatori con due-tre passaporti. Il calcio qui è popolare e deve rispettare l’opinione della gente. Ma non parlate di razzisti, toglietevi dalla testa questa idea della Polonia, solo parlarne mi vergogno, è una questione politica, non sportiva”.
La situazione profughi è di per sè già molto grave: chi ha modo di dire la propria pubblicamente dovrebbe forse calibrare meglio i propri pensieri.