Non è stato un capriccio, o un folle gesto nato dal nulla. A tutto c’è un perchè, anche al morso di Tyson, che staccò un pezzo di orecchio a Holyfield
È l’estate del 1997. 28 Giugno per l’esattezza. A Los Angeles è sera. Tutti gli abitanti della città hanno smesso di lavorare e si sono dati appuntamento all’interno di quei tipici bar americani in cui la tv è sempre accesa ed è sempre sintonizzata su di un canale sportivo. Sono riuniti in gruppi di amici al tavolo o sono semplici single seduti al bancone, fronte tivù. Solo i più “coraggiosi” hanno deciso di invitare anche la loro dolce metà e di condividere con lei/lui questo momento. I Martini Cocktail con le loro coppette triangolari fanno bella mostra sui vari banconi. I bartender conversano amabilmente con i clienti. L’atmosfera è rilassata. È quella delle grandi occasioni. Per essere a Los Angeles, città di mare, conosciuta per le palme, i pantaloncini corti e quel certo look alla Red Hot Chili Peppers, i presenti sono addirittura eleganti. O almeno hanno cercato di vestirsi come tali. L’ingresso ai bar, questa sera, non è gratuito, come sempre. Stasera si paga. Perché stasera tutti vogliono essere presenti. Tutti vogliono assistere. Tutti voglio guardare. Tutti, ma proprio tutti, a Los Angeles, questa sera aspettano il match: Holyfield – Tyson. Il match si svolge a Las Vegas. Ma è a Los Angeles che gli occhi del mondo “puntano” Tyson. Così, mentre alla MGM Grand Arena i pugili si stanno scaldando in qualche spogliatoio di fortuna ottenuto dal restyling di qualche magazzino, Los Angeles, in festa, si prepara in abito lungo al grande evento. L’incontro è la rivincita del match disputatosi sei mesi prima e vinto dal predicatore Evander “Campo Sacro”. Il popolo però rivuole Tyson al potere. E fa il tifo per lui. Il popolo vuole la bestia, la furia, la violenza. Il popolo, da Tyson, vuole il sangue. L’avrà. Mike sale sul ring con un asciugamano “adattato” ad accappatoio. Fa paura. Terrorizza. Evander è in bianco e blu quando entra nell’arena. Tyson: 45 match vinti, 2 persi, 39 ko. Holyfield: 33 match vinti, 3 persi, 24 ko. Il primo round passa via. Serenamente. Nel secondo, quando sono passati pochi secondi dall’inizio, Holyfield rifila una testata a Tyson, che lo ferisce all’arcata sopraccigliare destra. Mike si lamenta con l’arbitro. in effetti la testata c’è stata, ma è stata così veloce che ancora oggi, a occhio nudo e col replay, è difficile notarla. Tyson sanguina. Il match riprende. E per tutta la durata della seconda ripresa Holyfield continua ad accorciare la distanza e ad appoggiare fastidiosamente il suo testone vicino a quello di Tyson, già ferito proprio in questo modo da Evander a inizio ripresa. A Tyson questo match a “testate” proprio non va giù. Quando va al suo angolo e si siede, Mike si trasforma. Torna a essere quel ragazzo del ghetto che non accettava le ingiustizie. Pensa che Holyfield è stato scorretto con lui, e che non accetterà più le sue testate. Pensa che è arrivato il momento, per lui ragazzo del ghetto, di dare una lezione di strada a questo predicatore fasullo. Arriva così il 3° round. Tyson esce dall’angolo senza paradenti. Sembra una dimenticanza. Holyfield avvisa l’arbitro che a sua volta avvisa Tyson. Mike si rimette il paradenti. Ma qualche secondo dopo tutti capiranno che non era stata una dimenticanza. Tyson era pronto a cambiare la storia del pugilato. Nel momento in cui, per l’ennesima volta, Holyfield appoggia pericolosamente il suo testone contro il viso di Mike, ecco che “il ghetto style”, “la strada”, prende il sopravvento, e Tyson morde l’orecchio di Evander, mangiandosene un pezzo e sputandolo sul ring. INCREDIBILE. L’America è incredula. Holyfield si aggira sul quadrato con un pezzo di orecchio mancante. Tyson lo guarda come a dire: vienimi ancora vicino con il tuo testone, se hai il coraggio. Non è più MGM Arena di Las Vegas. È Fort Green a Brooklyn. L’incontro riprende, Mike morde ancora Holyfield all’orecchio, e lo incita, come in una strada dei sobborghi di New York: “dai, vieni qui, fammi vedere se hai coraggio!” È rissa. Sul ring. Sugli spalti di Las Vegas. Nei Bar di Los Angeles. Chi sta con Mike. Chi dice che Mike è un animale. Volano parole grosse, insulti, pugni. Poi arriva la sospensione. E la squalifica di Tyson. Non sappiamo dire se sia stato il migliore o il peggiore incontro disputato da Iron Mike Tyson. Di certo è stato il più “vero”, il più vicino alle sue radici. La Los Angeles vestita a festa è scossa alle fondamenta da questo bad-boy-from-the-ghetto e dal suo comportamento. Nessuno di loro ha mai calcato la strada come Mike. Nessuno di loro ha mai vissuto in prima persona un’emozione come questa. La Los Angeles dei Martini Cocktails si rifugia in fretta nelle sue certezze, condannando la bestia che solo pochi minuti prima era da loro stessi idolatrata. Nessuno di loro ha mai morso per davvero i sobborghi di Brooklyn. Il resto è noia. Il resto è storia.